“Facciamo attenzione a non diventare profeti apocalittici”. Con questo monito il rettor maggiore della Congregazione salesiana don Fabio Attard, è intervenuto nel dibattito “La preghiera oggi: tradizioni religiose a confronto”, durante la 104ª assemblea dell’Unione superiori generali (Usg) a Sacrofano, dedicata al tema “Fede connessa: vivere la preghiera nell’era digitale”. Un invito a leggere l’oggi senza paura e senza nostalgie, perché il rischio — ha affermato — è quello di “non cogliere i semi di bontà che il Signore ci sta dando”. Serve uno sguardo che nasce dalla vita interiore, “una lettura intelligente, affettiva ed effettiva del tempo”. La sua riflessione prende avvio dalle parole di Papa Leone XIV nell’incontro di ieri con i religiosi: il Papa ha mostrato “una profondità di ricerca spirituale” che attraversa le nuove generazioni, un dato che non può essere interpretato solo sociologicamente, ma come luogo in cui Dio continua a parlare alla Chiesa. Da qui la responsabilità della vita consacrata: non lasciarsi paralizzare dalla paura, né idealizzare un passato irrecuperabile. Ogni spiritualità — ha ricordato don Attard — nasce nel tempo ma lo supera, dalla tradizione benedettina a quella francescana, fino alle domande di senso dei giovani di oggi. “Il prezzo non lo paghiamo noi, lo paga Bartimeo”, il cieco che grida e attende qualcuno che si fermi. In questo orizzonte si inserisce il contributo salesiano all’era digitale, articolato attorno a quattro attenzioni. La prima è l’educazione alla fede: non “della” fede, ma “alla” fede, soprattutto in contesti dove la maggioranza dei giovani non è cristiana. “La buona notizia non è anche per loro?” ha domandato don Attard. La profezia, però, nasce solo da religiosi che prima di parlare di Dio “parlano con Dio”. La seconda è l’educazione alla cultura, intesa come formazione integrale: “Un’educazione che informa senza formare è un tradimento”. La terza è l’esperienza del gruppo, luogo di solidarietà concreta in un tempo di isolamento crescente — “60mila hikikomori in Italia”, ha ricordato. La quarta è la giovinezza come fase generativa, chiamata a preparare l’adulto di domani e non a rimanere sospesa nell’adolescenza permanente. Nella conclusione, don Attard ha richiamato il sistema preventivo come bussola per abitare anche il territorio dell’intelligenza artificiale: “Umanizzare l’algoritmo non è un’operazione tecnologica, è un’operazione pastorale”. Le comunità religiose sono allora chiamate a respirare “l’aria dei giovani”, riconoscerne la sete, camminare con loro. Perché “abbiamo giovani santi”, capaci ancora oggi di cercare autenticità, relazione e Vangelo.

(Foto Calvarese/SIR)