Religiosi: fra Ahodegnon (Fatebenefratelli) all’Assemblea Usg, “oltre lo schermo, la spiritualità dell’ospitalità”

(Foto Calvarese/SIR)

“Se io fossi nel mio abito adesso, mi confondereste con un benedettino”. Con una battuta che strappa il sorriso, fra Pascal Ahodegnon, superiore generale dell’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, ha aperto questa mattina a Sacrofano il suo intervento su Fatebenefratelli durante il momento “La preghiera oggi: tradizioni religiose a confronto” nell’ambito della 104ª assemblea dell’Unione superiori generali (Usg), dedicata al tema “Fede connessa: vivere la preghiera nell’era digitale”. Una battuta che rivela un legame profondo: “Abbiamo copiato il loro modo di pregare e di servire”, afferma, ricordando come l’identità dell’Ordine affondi le radici nella spiritualità vissuta e incarnata. La sua testimonianza, orientata alla figura di san Giovanni di Dio, si è sviluppata attorno al gesto che definisce l’ospitalità evangelica: fermarsi. “Cari fratelli, chiudete gli occhi”, invita. La scena è quella della strada polverosa di Gerico, dove Bartimeo grida nel frastuono e Gesù “si fermò e disse: chiamatelo”. Poi l’immagine si apre: oggi quella strada è “un’autostrada digitale”, illuminata dagli schermi dove milioni di nuovi Bartimeo chiedono ascolto, spesso nel silenzio assordante dei social. Per fra Ahodegnon, l’eredità dell’Ordine — mille confratelli e 60mila collaboratori in oltre 500 centri nel mondo — vive in questa capacità di sostare: accanto ai malati, nei luoghi di cura, ma anche negli spazi virtuali. “La nostra missione non è resistere all’era digitale, ma trasfigurarla”, afferma, indicando i pilastri dell’ospitalità: competenza unita alla tenerezza, presenza incarnata, cura della persona prima che del corpo, universalità dell’accoglienza. Sono pilastri che diventano volti e storie: una madre del Benin che vede “lo sguardo di Dio posato su mio figlio”; l’infermiera di Barcellona che “impara a sorridere con gli occhi” dietro la mascherina; i gruppi di preghiera su WhatsApp che uniscono famiglie lontane. In un mondo saturo di stimoli e di solitudini, l’appello finale è un programma spirituale e pastorale: “Osiamo essere i Bartimeo che gridano e i Gesù che si fermano”. Fermarsi per ascoltare, discernere, accompagnare. Fermarsi per amare. Solo così — conclude — il digitale potrà diventare luogo di ospitalità e non di smarrimento.

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