“Il perdono si rivela in tutta la sua potenza e manifesta il volto concreto della speranza. Non è dimenticanza, non è debolezza. È la capacità di lasciare libero l’altro, pur amandolo fino alla fine”. Lo ha detto Leone XIV, durante la catechesi dell’udienza generale di questa mattina in Aula Paolo VI.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa – riprendendo il ciclo di catechesi che si svolge lungo l’intero Anno giubilare, “Gesù Cristo nostra speranza” – ha incentrato la sua meditazione sul tema “Il perdono. ‘Li amò sino alla fine’ (Gv 13,2)”. “L’amore di Gesù non nega la verità del dolore, ma non permette che il male sia l’ultima parola. Questo è il mistero che Gesù compie per noi, al quale anche noi, a volte, siamo chiamati a partecipare”, ha aggiunto. Osservando “quante relazioni si spezzano, quante storie si complicano, quante parole non dette restano sospese”, Leone XIV ha sottolineato che, “eppure, il Vangelo ci mostra che c’è sempre un modo per continuare ad amare, anche quando tutto sembra irrimediabilmente compromesso”. “Perdonare non significa negare il male, ma impedirgli di generare altro male. Non è dire che non è successo nulla, ma fare tutto il possibile perché non sia il rancore a decidere il futuro”.
Rivolgendosi ai fedeli, il Pontefice ha ricordato che “anche noi viviamo notti dolorose e faticose. Notti dell’anima, notti della delusione, notti in cui qualcuno ci ha ferito o tradito”. “In quei momenti, la tentazione è chiuderci, proteggerci, restituire il colpo. Ma il Signore ci mostra la speranza che esiste sempre un’altra via. Ci insegna che si può offrire un boccone anche a chi ci volta le spalle. Che si può rispondere con il silenzio della fiducia. E che si può andare avanti con dignità, senza rinunciare all’amore”. Quindi, l’incoraggiamento a chiedere oggi “la grazia di saper perdonare, anche quando non ci sentiamo compresi, anche quando ci sentiamo abbandonati”. “Perché è proprio in quelle ore che l’amore può giungere al suo vertice”.