Il vescovo, il suo ministero, le difficoltà e le speranze dell’episcopato, i giovani e il domani. È stato un dialogo a 360° quello che ha impegnato, per più di un’ora, gli arcivescovi di Milano, mons. Mario Delpini, e di Gaeta, mons. Luigi Vari, con una catechesi congiunta promossa nella cittadina di Penitro nel contesto del gemellaggio tra le due Chiese locali.
“Qual è il ruolo del vescovo?”, ha chiesto una giovane. “È quello di essere a servizio del convenire e della missione, quindi, della Chiesa, nel senso di essere colui che presiede alla convocazione di tutti i fedeli della diocesi e che dice loro che ognuno ha una responsabilità per il Vangelo. Il compito episcopale è di radunare e inviare sempre nel nome del Signore e non, naturalmente, per un proprio progetto. Sul radunare mi pare che si faccia abbastanza – ha scandito Delpini – ma, forse, quello che manca, anche ai giovani, è di sentirsi inviati, ossia di essere, ad esempio qui anche per altri che non possono essere presenti”.
Chiosa l’arcivescovo Vari: “Ritengo che il compito fondamentale, soprattutto oggi, sia portare uno sguardo buono e di misericordia. Io abito in una zona di grande movida e vedo a sera tanti ragazzi con i bicchieri in mano che un poco ‘oscillano’. Penso che il vescovo non debba giudicare, ma volere bene con il desiderio di fare qualcosa. Vorrei che potessimo essere presenti in queste vite, perché il vescovo deve essere, come il Signore, sempre presente”.
E si continua: “In che modo il vescovo è a servizio della speranza per la Chiesa?”. A riflettere per primo è l’arcivescovo di Milano: “Mi sono fatto la persuasione che la speranza sia una risposta, non un atteggiamento fiducioso”
“Forse parliamo troppo di speranza”, ha ammesso il pastore di Gaeta. “Le analisi sociologiche sono vere ed è bene conoscerle, ma si comunica con la vita e la testimonianza. La difficoltà sta nel non essere, qualche volta, testimoni limpidi che, con chiarezza, dicono: ‘Credi, vivi, spera, ama’. Facciamo forse troppi ragionamenti: più siamo semplici, nel nostro essere e nel credere anche se non semplicisti e più comunichiamo speranza che non è il banale ‘tutto andrà bene’”.
Due le altre parole definite da mons. Delpini “irrinunciabili e che, tuttavia, fanno quasi paura oggi e sono state eliminate dal vocabolario della cultura contemporanea: vita eterna e vocazione”.
Infine, il sigillo della serata, rivolto direttamente ai ragazzi da Delpini. “Io ho stima di voi”, ha concluso Delpini.
“Le cose che sapete fare senza pregiudizi sono un dono straordinario che non dovete perdere. ‘Fate chiasso’, come disse san Giovanni Paolo II alla Gmg di 25 anni fa”, conclude, tra gli applausi, l’arcivescovo di Gaeta.