Giubileo dei giovani: mons. Napolioni (Cremona), “tutte le famiglie sono luoghi imperfetti, ma anche di salvezza”

(Foto Calvarese/SIR)

Nel gremito incontro “La famiglia educa a varcare la soglia dell’intimità”, parte del ciclo “12 parole per dire speranza” promosso dalla Cei nell’ambito del Giubileo dei giovani, mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, ha concluso l’appuntamento con un appassionato invito all’interiorità e alla consapevolezza. Dopo un momento sinodale tra i giovani e le testimonianze di don Roberto Massaro e Simona Segoloni Ruta, Napolioni ha proposto un esercizio concreto: “Provate a disegnarvi come una casa… Io sono una casa, ma che casa sono? Una prateria? Un castello con i coccodrilli? Uno zerbino?”.

Un invito a riflettere sullo spazio intimo di ciascuno, sulle relazioni che ci abitano, su quanto siamo aperti o chiusi agli altri. “La vostra casa si modifica in base alle esperienze, agli incontri, alle emozioni… È un esercizio da rifare periodicamente”. Mons. Napolioni ha richiamato anche la propria storia personale: “Mia madre, tormentata, mi ripeteva: ‘Ti ho voluto io’. Era il suo modo di dire amore. Nessuno nasce nella famiglia del Mulino Bianco: tutte sono luoghi imperfetti, ma anche di salvezza”. Il cuore della sua riflessione è Cristo, ospite che bussa: “Ecco, io sto alla porta e busso… La porta del cuore si apre da dentro. È un grande esercizio di libertà e Dio lo rispetta all’infinito”. E ha aggiunto: “Non dobbiamo prepararci, non dobbiamo avere l’abito buono: è Lui che porta la cena, porta se stesso”. Il vescovo ha definito la Chiesa “una chiesa della soglia”, che accoglie chi passa, sa sorridere e far intuire la bellezza dell’incontro con Cristo. Anche quando le famiglie falliscono, esistono nuove familiarità, come le comunità educative e oratoriali, dove “l’intimità si custodisce e si educa”. “L’intimità non è solo rapporto con l’altro, ma anche con se stessi. Amerai il Signore tuo Dio… e il prossimo tuo come te stesso. Si può amare l’altro solo se cominciamo ad amare noi stessi perché riconosciuti e amati dal Signore”.

Napolioni ha ricordato che ognuno è coinvolto in una circolazione d’amore, e ha citato la propria terra, le Marche terremotate: “Case demolite e ricostruite più volte… così anche le relazioni: si pongono ogni giorno come chiamata e missione”. Il messaggio finale è di coraggio e resistenza: “Non date la vinta ai mercanti di surrogati. C’è una solitudine buona, abitabile, ricca di potenzialità. La comunione nasce nelle famiglie, ma ha bisogno delle famiglie di domani”. E ha concluso con un augurio: “Godetevi il Giubileo fino in fondo. Tornate a casa diventando una casa: sempre più ospitale e rispettosa per chi busserà alla sua porta”.

(Foto Calvarese/SIR)

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