I flussi migratori forzati, in particolare dal Venezuela, da Haiti e dal Triangolo Nord dell’America Centrale, non possono continuare ad essere trattati con approcci di contenimento, sapendo che sono espressione di strategie disperate di sopravvivenza di fronte all’inesistenza di condizioni adeguate. È quanto ha cercato di spiegare, in una serie di incontri ad alto livello negli Stati Uniti, una delegazione delle Caritas di America Latina e Caraibi, guidata dal presidente, mons. Gustavo Rodríguez Vega, arcivescovo di Yucatán, dal coordinatore regionale, Nicolás Meyer, e dalla coordinatrice dello sviluppo istituzionale, Ana Maria Mercedes Arias.
In questo senso, riferisce Adn-Celam, è stato incoraggiato un riorientamento della cooperazione verso il rafforzamento delle comunità di origine, attraverso investimenti orientati allo sviluppo locale, la creazione di mezzi di sussistenza sostenibili e la difesa dei diritti umani. Quindi, è stato sottolineato l’impegno di Caritas sul campo, dove svolge una serie di azioni relative all’assistenza umanitaria, alle case di accoglienza, alla sicurezza alimentare e alla partecipazione a spazi di dialogo politico, il tutto con un’attenzione particolare alla dignità dei migranti.
Un altro aspetto rilevante è stata l’analisi del consolidamento della pace in contesti caratterizzati dalla violenza della criminalità organizzata e dall’esclusione sociale. A questo proposito, i rappresentanti di Caritas hanno osservato che “la pace non si esporta, si costruisce dalle radici”.