Da quando la Gaza humanitarian foundation (Ghf) ha iniziato le sue operazioni quattro settimane fa, i bambini sono stati uccisi o feriti in più della metà degli attacchi mortali avvenuti nei punti di distribuzione di cibo a Gaza. “Nessun bambino dovrebbe essere ucciso mentre cerca di accedere al cibo. Quello che sta accadendo a Gaza è disumano. Non si tratta di assistenza, ma di una trappola mortale”. È la denuncia di Save the Children, che da oltre 100 anni si batte per salvare bambine e bambini a rischio, a un mese dall’avvio delle operazioni della Gaza humanitarian foundation. Secondo l’Organizzazione, che ha analizzato i rapporti dell’Ufficio stampa di Gaza e delle Nazioni Unite, in oltre la metà degli attacchi mortali ai punti di distribuzione cibo erano coinvolti bambini, con 10 incidenti su 19 che hanno visto minori tra le vittime. Le famiglie, spesso prive di adulti in grado di muoversi, sono costrette a mandare i bambini a cercare aiuti, esponendoli al pericolo diretto dei colpi sparati dalle forze israeliane. Dal 27 maggio, oltre 500 palestinesi sono stati uccisi e almeno 3.000 feriti mentre tentavano di accedere agli aiuti, secondo l’Alto Commissariato Onu per i diritti umani (Ohchr). I collaboratori locali di Save the children parlano di “carneficine” nei luoghi di distribuzione. Mohamed (sono nomi di fantasia), uno di loro, ha raccontato dell’uccisione del suo vicino di casa, padre di quattro figli, mentre cercava disperatamente aiuti a Rafah. La sua vedova ora vive nella povertà più estrema. Un altro collaboratore, Abdallah, ha testimoniato scene di panico e feriti lasciati morire a terra, calpestati dalla folla. “Le famiglie hanno paura. Preferiscono digiunare che affrontare una condanna a morte in un punto di distribuzione. È una crisi alimentare trasformata in arma di guerra”, ha dichiarato Ahmad Alhendawi, direttore regionale per il Medio Oriente, Nord Africa e Europa orientale. “Costringere civili affamati in aree recintate e poi aprire il fuoco non è assistenza umanitaria: è una violazione del diritto internazionale umanitario”.
Nonostante il lavoro di Save the children a Gaza, che include assistenza sanitaria, distribuzione d’acqua, supporto psicologico e istruzione temporanea per i bambini, le condizioni di sicurezza rendono quasi impossibile l’operatività, aggravando la già drammatica situazione. Il governo israeliano continua a limitare l’ingresso di beni essenziali nella Striscia, con una politica definita dalle Nazioni Unite come di “scarsità artificiosa”. Oltre al rischio di morte o ferite, le Nazioni Unite segnalano anche casi di separazione dei minori dalle famiglie nei pressi dei centri di distribuzione. Save the children chiede con urgenza “un accesso umanitario pieno, sicuro e incondizionato, la fine dell’assedio e il rispetto del diritto internazionale”. “Non si può permettere che la fame e l’assistenza siano strumentalizzate. Gli Stati possono e devono agire ora”, conclude Alhendawi.