Rovesciato il regime di Bashar al-Assad, la Siria continua però ad ospitare “un mosaico di etnie, culture, lingue e religioni, accorpate in modo artificioso in seguito al crollo dell’Impero ottomano, dopo la prima guerra mondiale”. Lo spiega il regista e scrittore curdo, di origine iraniana, Fariborz Kamkari, in un’intervista a Chiara Zappa pubblicata su Mondo e Missione. In questo mosaico, i curdi, per decenni emarginati dal regime degli Assad, attraverso i combattenti curdi delle Forze democratiche siriane (Sdf), sostenuti dagli Stati Uniti, sono riusciti di fatto ad occupare, con l’Amministrazione autonoma dichiarata ufficialmente nel 2018, un terzo della Siria. Ora però, l’arrivo al potere del leader dei ribelli Ahmad al-Sharaa pone grossi interrogativi per il futuro del popolo e del potere curdo, e scontri tra le Forze democratiche siriane e i ribelli anti-Assad sostenuti dalla Turchia si sono già registrate, con migliaia di cittadini curdi che hanno dovuto abbandonare la zona di Aleppo. Al-Sharaa, sottolinea Kamkari, è un ex-salafita, cioè è cresciuto nel gruppo più radicale del mondo islamico. E se le sue dichiarazioni sono state di grande apertura nei confronti dei curdi, le mosse politiche “non depongono certo a favore di un approccio pluralista e tollerante”. Tuttavia, nello scacchiere Mediorientale, “il ruolo dei curdi in Siria, e nell’intera regione, resta chiave”, afferma il regista, e l’esperienza di autogoverno curdo, “un modello importante”: serve infatti un sistema in cui far convivere democraticamente popoli tanto diversi, pena il rischio di avere sempre la guerra nella regione.