Papa Francesco: “No alle armi, sì alla pace”

Papa Francesco ha concluso oggi in Aula Paolo VI il ciclo di catechesi sullo zelo apostolico. Al termine, un ennesimo appello a porre fine al conflitto in atto tra Israele e Palestina

Foto Calvarese/SIR

“Continuo a seguire con grande preoccupazione la situazione in Israele e Palestina”. Lo ha rivelato Papa Francesco, al termine dell’udienza generale di oggi, in Aula Paolo VI, nella quale ha concluso il ciclo di catechesi dedicata allo zelo apostolico. “Continuo a rinnovare il mio appello per un immediato cessate il fuoco umanitario”, ha proseguito Francesco durante i saluti ai fedeli di lingua italiana: “Si soffre tanto lì”. “Incoraggio tutte le parti a riprendere i negoziati – l’appello – e chiedo a tutti di assumersi l’urgente impegno di far arrivare gli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, che è allo stremo e ne ha veramente bisogno. Si liberino tutti gli ostaggi, che avevano visto la speranza di una tregua qualche giorno fa. Che questa grande sofferenza per gli israeliani e i palestinesi finisca! Per favore, no alle armi, sì alla pace”. “Non dimentichiamo di chiedere il dono della pace per le popolazioni che soffrono a causa della guerra, specialmente per  la martoriata Ucraina e per Israele e Palestina”, ha concluso Francesco.

“Il cristiano deve essere aperto alla Parola di Dio e al servizio degli altri: i cristiani chiusi finiscono male sempre, perché non sono cristiani, sono ideologi”.

È l’esordio dell’ultima catechesi sullo zelo apostolico, che “riguarda ogni cristiano”, ha sottolineato il Papa. “Il cristiano deve essere aperto”, ha ripetuto soffermandosi sullo “slancio missionario”, che esorta i credenti ad “andare oltre”. Commentando il brano evangelico della guarigione del sordomuto, Francesco si è soffermato sul rito dell’Effatà, “parola decisiva” di Gesù che in aramaico significa “apriti”. “Gesù è capace di aprire le orecchie e la bocca”, ha commentato ancora a braccio il Papa, ricordando che “il fenomeno del mutismo e della sordità nella Bibbia è soprattutto metaforico e designa la chiusura ai richiami di Dio”. “C’è una sordità fisica, ma nella Bibbia quello che è sordo alla Parola di Dio è muto, e non parla la Parola di Dio”, l’altro commento a braccio. Effatà, ha spiegato Francesco sempre sulla scorta del brano evangelico. “È un invito rivolto non tanto al sordomuto, che non poteva sentirlo, ma proprio ai discepoli di allora e di ogni tempo”. “Anche noi, che abbiamo ricevuto l’effatà dello Spirito nel Battesimo, siamo chiamati ad aprirci”, l’invito del Papa: “Sentiamoci tutti chiamati, in quanto battezzati, a testimoniare e annunciare Gesù. E chiediamo la grazia, come Chiesa, di saper attuare una conversione pastorale e missionaria”. “Anche noi interroghiamoci, ognuno di noi faccia questa domanda a se stesso”, l’invito finale: “Amo davvero il Signore, al punto da volerlo annunciare? Voglio diventare suo testimone o mi accontento di essere suo discepolo? Prendo a cuore le persone che incontro, le porto a Gesù nella preghiera? Desidero fare qualcosa perché la gioia del Vangelo, che ha trasformato la mia vita, renda più bella anche la loro? Pensiamo queste domande e andiamo avanti con la nostra testimonianza”.

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