Ma la storia di Pinocchio è ancora attuale?

La storia di Pinocchio diventa attuale quanto mai, perché ci ripropone in modo molto forte (e direttissimo) la domanda sull’educazione dei piccoli: come si educa un bambino? Che cosa significa educarlo? A quale modello e a quali valori pedagogici ci si deve ispirare?

Al cinema, nei giorni scorsi, ho potuto vedere il film “Pinocchio” di Matteo Garrone. Pur riconoscendo di essere un profano nell’arte cinematografica, dico subito che non mi ha convinto del tutto. L’ho trovato piuttosto lento (quasi due ore!) e senza particolare verve, anche se dal punto di vista scenico bisogna riconoscere che è un film particolarmente curato.
So bene che per altri spettatori l’impressione è stata del tutto diversa: chi l’ha definito un film “fantastico”, chi ha considerato come altissima e commovente l’interpretazione di Benigni nei panni di Geppetto e così anche quella di altri attori… Alla luce delle risonanze di chi l’aveva già visto, forse mi ero creato delle aspettative troppo alte. O forse avevo troppo in mente il Pinocchio di Comencini del 1972, che fu un vero e proprio evento televisivo: soprattutto per chi, come me, allora era bambino!
Devo ammettere, però, che è comunque valsa la pena andare a vederlo: è stata un’occasione per ritornare sulla bella storia di Pinocchio. E poi siamo così sicuri che oggi tutti – soprattutto i più giovani – conoscano bene le vicende del burattino di Collodi? Di quella storia, il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, diede anche una magistrale interpretazione teologica.
Mentre guardavo il film mi veniva da dire che Pinocchio sorprende oggi, in un tempo di “politicamente corretto” dilagante, per la sua provocante inattualità. Ripenso a tutte le scene della sua storia che oggi verrebbero bollate, senza alcuna remora, come “moralistiche”. Mi riferisco, ad esempio, al ruolo del grillo parlante (chi parla oggi di coscienza, di senso di colpa o di vergogna?) o a quello della fatina e di Geppetto (figure troppo “paternalistiche” e invadenti o limitanti la libertà del fanciullo?). Forse oggi qualche moderno Geppetto o fatina, nel nome della libertà, a Pinocchio che scappa e che è riluttante ad andare a scuola avrebbe replicato: “Certo, va’ pure, sentiti libero, fa’ come credi…”. Non sarebbe stato né ad attenderlo, né a cercarlo, né a spronarlo a fare i compiti!
Sappiamo che alcune critiche furono mosse a Collodi fin da subito, perché il suo Pinocchio – chiamato a diventare un “bravo burattino” e poi un “bravo bambino” – appariva fin troppo funzionale alla morale borghese di allora. Eppure, forse proprio questo, Pinocchio diventa attuale quanto mai, perché ci ripropone in modo molto forte (e direttissimo) la domanda sull’educazione dei piccoli: come si educa un bambino? Che cosa significa educarlo? A quale modello e a quali valori pedagogici ci si deve ispirare? Il Pinocchio di Collodi, per quanto discutibili, ha dei riferimenti etici ben precisi: l’importanza dell’istruzione (e della scuola), rispettare e volere bene ai genitori, non mentire (il naso lungo!) e rispettare le promesse e la parola data, imparare a non farsi imbrogliare, la generosità e il sacrificio per gli altri… Noi, oggi, questi riferimenti – o altri – li abbiamo altrettanto chiari? Il mestiere dell’educazione non è forse diventato particolarmente complicato?
Un altro aspetto di sconvolgente attualità della storia di Pinocchio mi viene suggerito dalla scena politica (e sociale) di oggi. Non ci sono forse anche oggi, in giro, dei gatti e delle volpi oppure che promette dei fantasmagorici “Paesi dei balocchi” in modo altrettanto sfrontato? E non ci sono anche oggi dei “lucignoli” che vogliono fare i furbi a tutti i costi e finiscono poi per ragliare in una stalla, trasformati in somari?
In questo mi sembra che il mondo si ripeta, rimanendo invariabilmente lo stesso. Ciò che salva è il principio di realtà, ieri come oggi. Ed è con questo principio di realtà che Pinocchio fa i conti, dall’inizio sino alla fine della sua storia: grazie ad esso, imparando ad accettarlo non senza fatiche, lascia alle sue spalle la sua identità di burattino e diventa finalmente una persona autentica e veramente libera. Forse in questo appello alla realtà sta uno degli insegnamenti più belli e sempre attuali che Collodi – e Garrone con lui – ci ha consegnato con il suo Pinocchio.

(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)

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