La fragilità non è “un tabù”, “è parte della meraviglia che siamo”. È l’immagine scelta dal Papa per l’omelia della messa a Tor Vergata, momento conclusivo del Giubileo dei giovani, in cui partendo dall’episodio dei discepoli di Emmaus si è soffermato sull’incontro con il Risorto che “cambia la nostra esistenza, che illumina i nostri affetti, desideri, pensieri”. “Pensiamo al simbolo dell’erba: non è bellissimo un prato in fiore?”, ha chiesto Leone XIV dialogando indirettamente con la platea di oltre un milione di giovani che anche oggi riempie la spianata dominata dalla Vela di Calatrava: “Certo, è delicato, fatto di steli esili, vulnerabili, soggetti a seccarsi, piegarsi, spezzarsi, e però al tempo stesso subito rimpiazzati da altri che spuntano dopo di loro, e di cui generosamente i primi si fanno nutrimento e concime, con il loro consumarsi sul terreno. È così che vive il campo, rinnovandosi continuamente, e anche durante i mesi gelidi dell’inverno, quando tutto sembra tacere, la sua energia freme sotto terra e si prepara ad esplodere, a primavera, in mille colori. Noi pure, cari amici, siamo fatti così: siamo fatti per questo. Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore”.