“Una grazia per la Chiesa e per il mondo”: così Leone XIV ha riassunto il Giubileo dei giovani che si è concluso stamattina a Tor Vergata. Nel grande spazio alle porte di Roma sono arrivati nel pomeriggio di sabato i circa 1.200 veronesi, guidati dallo staff della pastorale giovanile diocesana e accompagnati da 33 sacerdoti. Tra loro don Marco Isolan, una delle guide degli oltre 300 diciasettenni a cui è stato dedicato un programma speciale durante la settimana, e don Gabriele Vrech che ha accompagnato circa 70 giovani della diocesi di Verona che hanno voluto assaporare la sfida della speranza – tema del Giubileo 2025 – vivendo alcuni giorni con i coetanei de L’Aquila; entrambi non hanno nascosto l’emozione di tornare, da parroci, di quella spianata di Tor Vergata che li aveva visti presenti 25 anni fa alla Giornata mondiale della gioventù. Veronesi ve n’erano anche tra il nutrito gruppo dei volontari del Giubileo, come Andrea Cipriani, 21 anni, di Sant’Anna d’Alfaedo.
Giorgia Teboni, 19 anni, di Angiari racconta: “È stato bellissimo in questi due giorni, durante la veglia e la messa con Papa Leone XIV, scoprire come tutti questi giovani si siano ritrovati per una sola persona, un solo nome, quello di Gesù. In questi due giorni ho visto la grandezza del Signore, la potenza della sua misericordia. Quello che mi porto a casa da questo Giubileo è un cuore nuovo, pieno di speranza e rinnovato dalla luce di questi giorni”.
Marta Righetti e Anna Rapacioli, di Borgonuovo aggiungono: “L’atmosfera è stata meravigliosa. Eravamo tutti vicini e, nonostante le diverse lingue e culture, condividendo tutti uno stesso obiettivo, ovvero l’incontro con Gesù. Passando tra i vari settori si notava la semplicità delle persone e un grandissimo aiuto reciproco! Siamo state colpite dalle parole di pace e ci auguriamo che siano un aiuto per noi, ma pure un segno per tutte le persone”.
Di emozione grandissima parla anche Pietro Chiaramonte di Villafranca, tra i giovani che hanno raggiunto Roma in canoa: “Abbiamo avuto per giorni la possibilità di vedere il mondo da un punto di vista diverso e fare esperienza concreta di condivisione della fatica; ora mi auguro che possiamo portare tutto questo nel nostro quotidiano”. Della due giorni finale, così come del percorso per arrivarci, si sono riempiti i profili social dei tanti giovani, anche grazie all’accortezza di alcuni, come Michele Turrina della parrocchia di Santa Maria Immacolata, che con il drone ha documentato il percorso del gruppo a piedi; ha condiviso tutta l’esperienza anche con la moglie Lucia Cona che confida: “Durante questi due giorni a Tor Vergata ho sperimentato cosa vuol dire essere membra di un unico corpo che è la Chiesa, unite nell’amore di Cristo. Nella tappa finale di questo lungo cammino, ho compreso che la fatica e la gioia di essere lì non era più una cosa solo mia, ma un’esperienza di fede vissuta insieme a chi ha scelto di credere nell’unico vero Amore”.