“La situazione è molto critica. Non abbiamo mai affrontato sfide così grandi prima d’ora per quanto riguarda la presenza dei cristiani in Terra Santa. Purtroppo, la maggior parte della nostra gente è rimasta senza lavoro in seguito allo scoppio della guerra a Gaza. Il 70% della comunità cristiana dipende dal settore turistico”. Così George Akroush, direttore dell’Ufficio Sviluppo del Patriarcato Latino, descrive le condizioni della comunità cristiana di Terra Santa in un’intervista pubblicata sull’ultimo numero de “La Croce di Gerusalemme”, la newsletter trimestrale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. “La Chiesa – ricorda il direttore – deve fare i conti con un’alta percentuale di disoccupazione. Si calcola che il 74% dei giovani cristiani non stia lavorando in questo momento, il che rappresenta un grosso onere umanitario per la Chiesa, che è l’unica a cui possono rivolgersi in questi tempi di crisi”. Oltre alla mancanza di reddito la popolazione palestinese deve fare i conti con le difficoltà di movimento: “Le autorità israeliane – spiega Akroush – hanno chiuso i checkpoint e tutti i cristiani che lavoravano a Gerusalemme hanno perso il loro impiego, ad eccezione di pochissimi che lavorano per organizzazioni cristiane e per alcune scuole”. “Sono circa 900 – sottolinea il direttore – i check point israeliani disseminati in tutta la Cisgiordania, compresi quelli che noi chiamiamo ‘cancelli di ferro’, che significa che anche nella stessa città non è consentito spostarsi da un luogo all’altro. Viaggiare da Ramallah a Gerusalemme è diventato impossibile, e viaggiare da Betlemme a Ramallah è complicato, perché si può rimanere bloccati a un checkpoint dalle tre alle sei ore”. Ad aggravare una situazione già complicata è arrivata poi la decisione del presidente americano, Donald Trump, di interrompere i programmi Usaid a favore del popolo palestinese. “Stiamo parlando – dice Akroush – di settori fondamentali che erano sostenuti dagli aiuti americani, come la sanità, l’istruzione o le infrastrutture. Così, migliaia di persone hanno perso il loro impiego, tra cui molti cristiani – circa 300 – che lavoravano negli uffici di Usaid, sia a Gerusalemme che in Cisgiordania. Il Patriarcato resta la forza trainante in Terra Santa per la creazione di posti di lavoro, l’assistenza umanitaria, le forniture mediche, le operazioni e le pratiche mediche e tutto questo grazie all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme”. Quarantanove anni, padre di tre figli, testimone di diverse guerre che hanno colpito la regione, dalla prima Intifada alle guerre del Golfo, dalla seconda Intifada alle oltre sei guerre a Gaza, Akroush non perde la speranza nel futuro: “Chiediamo a tutte le persone che desiderano una presenza cristiana continua in Terra Santa di incrementare il loro sostegno, perché sarebbe davvero troppo doloroso vedere la Terra Santa senza Cristiani. Non vogliamo trasformare questa terra in un museo, vogliamo restare pietre vive della terra di Gesù. La pace e la giustizia – ribadisce – sono le uniche soluzioni per far sì che i nostri figli restino nella loro patria e anche per far tornare tutti i cristiani che sono emigrati in America Latina, in Europa e in tutto il mondo. In Cile, per esempio, a Santiago, ci sono più di 500.000 cristiani palestinesi emigrati a causa delle difficoltà politiche e socioeconomiche. Qualsiasi accordo di pace tra Israele e Palestina andrebbe a beneficio innanzitutto dei cristiani che sono coinvolti in questo terribile conflitto”.