“Oggi che la guerra sembra diventare una realtà inevitabile nel rapporto tra le nazioni e la pace si riduce a una tregua tra una guerra e l’altra, è proprio nell’insegnamento di san Benedetto che troviamo l’ispirazione per poter ancora parlare di pace, come esperienza che porta oltre il pragmatismo del possibile. Parlare e adoperarsi per capire come affrontare i conflitti, limitarne gli effetti e le conseguenze, come agire la deterrenza e la difesa, è porsi nella sfera del possibile. Parlare e adoperarsi per la pace è osare, sperare e realizzare ciò che appare impossibile”. Lo scrivono il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, gli abati di Santa Giustina e di Praglia, rispettivamente dom Giulio Pagnoni e dom Stefano Visintin, e l’abbadessa di San Daniele, madre Maria Chiara Paggiaro, in un messaggio congiunto per la festa di san Benedetto da Norcia, abate e co-patrono d’Europa, che ricorre domani.
“L’Unione europea presentando, a metà giugno, il piano di sburocratizzazione e alleggerimento normativo per accelerare gli investimenti nella difesa e così incentivare la spesa pubblica e privata in questo settore, esplicita un pensiero di fondo: si è costretti ad agire solo in base a come il mondo è e l’unico modo per garantire la pace europea è essere pronti a difendersi rapidamente. Sembra così che non vi sia più spazio per altre prospettive”, osservano, sottolineando che “l’illusione sta nel pensare che sicurezza e difesa siano sinonimi e che la pace si ottenga con il potenziamento della difesa bellica”. “Senza l’anelito della speranza che orienta al bene e senza il coraggio della conversione non sarà mai garantita la pace per nessuno, ma solo alcuni periodi di assenza di guerra per qualcuno”, ammoniscono, evidenziando che “san Benedetto ci offre una prospettiva di pace che non è un concetto astratto, ma una verità da perseguire e da vivere, è la pace per cui Cristo ha dato la vita, quella che realmente si può donare e realizzare”.
“La pace – viene rilevato nel testo – va invocata nella preghiera e va annunciata come profezia contro l’idolatria della guerra. Chiedere a Dio il dono della pace significa innanzitutto chiedere la conversione dei nostri cuori e la purificazione delle nostre parole, sapendo che la parola della pace, per non rimanere falsa, deve diventare azione efficace, capace di costruire giustizia, unità, comunione. La preghiera condivisa permette di unire le menti e i cuori, ponendosi come premessa per cercare insieme i percorsi di pace; non ci lascia smarriti e soli di fronte alle tragedie, ma ci unisce per dare un contributo efficace alla fraternità universale”.