Associazionismo cattolico: mons. Delpini (Milano), “chiamati a essere presenza significativa nella società in quanto cristiani”

(Milano) “Nel contesto del declino dell’Occidente, la proposta della Dottrina sociale della Chiesa, che ha a cuore lo sviluppo integrale della persona, la sua dignità e la giustizia dei rapporti nella società, è come circondata da una silenziosa complicità nel disinteresse. Mi pare che parlare di cattolicesimo associato presenti oggi degli aspetti problematici che ci sfidano e ci interrogano. Come mai l’associazionismo cattolico è affaticato e non manifesta l’attrattiva che vorremmo augurarci?”. È partito da un interrogativo l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, nella sua prolusione al simposio “Il cattolicesimo associato nella Dottrina sociale della Chiesa da Leone XIII a Leone XIV”, svoltosi presso l’Università Cattolica e promosso dal Movimento cristiano dei lavoratori (Mcl) e dalle Edizioni Traguardi sociali. A moderare gli interventi, aperti dal presidente provinciale Mcl Milano, Renato Pecchia, il presidente delle Edizioni, Antonio Inchingoli che ha sottolineato l’importanza della consegna, avvenuta durante l’incontro, di quattro borse di studio del bando “Identità e storia del cattolicesimo in Italia”.
Diverse le cause di tale disinteresse, secondo monsignor Delpini, tra le quali “l’incidenza pervasiva dell’individualismo e il sospetto dell’irrilevanza perché – ha proseguito – i nostri contenuti non paiono interessare”. Basti pensare al tema della pace “con le parole di Papa Francesco e Papa Leone che risuonano in un tempo in cui parlare di pace vuole dire una sciocchezza”, o all’esempio, definito “clamoroso”, delle Settimane sociali dei cattolici in Italia “delle quali quasi non si è parlato”.
Anzitutto, “siamo insignificanti perché ci adeguiamo. Come essere attrattivi se siamo irriconoscibili?”, ha spiegato l’Arcivescovo. Poi, “il tema della memoria come commemorazione, con una stucchevole autocelebrazione che ricorda la visita a un museo”. Senza dimenticare i danni provocati “dalle divisioni interne”, per cui, “molte nostre iniziative sono mortificate dalla fatica di andare d’accordo”.
Da qui il punto cruciale: la mancata comprensione che “l’associazionismo non è motivato dalla sindrome dell’assedio, ma è la risposta a una vocazione, perché siamo chiamati a essere una presenza significativa nella società in quanto cristiani, non per un’ideologia o un interesse autoreferenziale”.
Particolarmente interessante anche la ricostruzione del presule delle varie stagioni dell’associazionismo cattolico, dai tempi di Leone XIII per arrivare a oggi, “alla stagione dell’appello alla fiducia e alla speranza, nella quale più che sui numeri delle adesioni, dobbiamo lavorare per l’incisività della testimonianza e coltivare speranza per seminare speranza”, ha scandito Delpini.

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