Otto marzo: Borzì (Acli), “donne sono testimoni di speranza anche nelle grandi difficoltà”

“Se leggiamo i dati sulle donne in Italia, scopriamo che le donne dirigenti nel settore privato sono il 21,9%; su 10 posizioni di comando, solo 2 sono occupate da donne; 5 ore e 5 minuti è il tempo medio che una donna dedica ogni giorno al lavoro di cura non retribuito, per un uomo è 1 ora e 48 minuti; oltre 61mila donne nel 2023 hanno rinunciato alla propria occupazione per le difficoltà di conciliare maternità e lavoro. Questi non sono solo dati, sono dati che raccontano storie e danno voce a un problema profondo: la difficoltà delle donne nel trovare spazio, riconoscimento e sicurezza in una società che troppo spesso le considera una risorsa secondaria. Per questo oggi abbiamo voluto mettere al centro le difficoltà delle donne, quelle estreme che nascono a fronte di situazioni eccezionali di dolore, come possono essere guerre o malattie, ma anche quelle più nascoste, che scavano nel quotidiano ma impattano comunque in maniera significativa sulla vita delle persone”. È quanto ha dichiarato, Lidia Borzì, delegata nazionale Acli alla famiglia e stili di vita e presidente del Forum Famiglie del Lazio nel corso dell’evento “Voci di donna – Tra sofferenza e speranza”, che si è tenuto oggi a Roma in vista della Giornata internazionale della donna, che verrà celebrata domani 8 marzo, e promosso dalle Acli di Roma e provincia. È stato un momento di incontro tra riflessioni, poesia e musica per raccontare le difficoltà e le opportunità dell’esser donna nel proprio ambito di impegno, così da accendere i riflettori sulla condizione delle donne, soprattutto quelle che vivono in condizione di sofferenza. Sono intervenute: Santina Giorgio, presidente Acli Roma; Sandra Sarti, presidente Fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre; Antonia Testa, responsabile Uosd, Ginecologia Ambulatoriale del Policlinico Gemelli; Faida Di Santo, responsabile coordinamento donne Acli Lazio; Eleonora Appolloni, avvocato penalista del Foro di Roma. Ha moderato: Rossella Santilli, giornalista. La scelta delle Acli è stata – si legge in una nota – quella di ascoltare oggi tante testimonianze di grandi donne impegnate a prendersi cura e combattere per e con le donne. “Storie spesso di dolore, certo, ma con una costante: la speranza. La speranza che non delude (come ricorda il Giubileo), che sostiene e spinge le donne a non darsi per vinte anche nelle situazioni più difficili, a non rassegnarsi in maniera passiva, imprimendo una grande forza trasformatrice. La speranza che nasce dall’impegno, dal dialogo, dalla prevenzione, dall’ascolto e dalla solidarietà”. “Quello che vogliamo – ha proseguito Borzì – non è pretendere trattamenti speciali, ma affermare solo la necessità che venga riconosciuto il valore delle donne nel mondo del lavoro e nella società. Servono per questo politiche concrete e sistemiche per garantire la trasparenza salariale e impedire che le donne vengano pagate meno a parità di competenze e ruoli, servono misure per rendere il congedo parentale più equo, serve un welfare aziendale che tenga conto della vita reale, servono incentivi per le imprese che promuovono la presenza femminile nei ruoli decisionali. Ma non è solo una questione di lavoro. È anche una questione di come promuovere, accompagnare, sostenere il protagonismo delle donne, riconoscendo i loro talenti e insieme le criticità che ostacolano la loro partecipazione”. “Questo, però, – ha concluso – non è un discorso che riguarda solo le donne. Non possiamo pensare che il cambiamento possa avvenire se gli uomini restano a guardare. È necessario costruire un’alleanza reale tra donne e uomini, un impegno comune per creare un sistema più equo, in cui il talento e il lavoro di ognuno vengano riconosciuti senza discriminazioni”. “La donna – ha detto Santina Giorgio, presidente Acli Roma – è da sempre protagonista nel settore della cura. Non parliamo più di badanti, ma di vere professioniste. E le Acli sono sempre state al fianco delle donne impegnate in questo ambito”: oggi per parlare davvero di cura “serve una formazione continua, seria e capillare. E di legalità: in Italia sono riconosciute, in chiaro, 8.500 donne che si occupano della cura, ma sappiamo che altrettante in nero svolgono lo stesso lavoro”.

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