Austria: pastorale per i senzatetto. Don Kapeller (Linz), “vivere per strada mi ha reso più consapevole di solitudine e povertà”

La solitudine e l’isolamento sociale sono, oltre alla povertà materiale, le sfide più grandi per i senzatetto: le persone colpite “non sono solo povere, affamate e forse anche bagnate”, ma anche ignorate, ha spiegato don Julian Kapeller, da settembre scorso sacerdote delegato alla cura pastorale dei senza fissa dimora a Linz , in un’intervista al quotidiano “Oberösterreichische Nachrichten” di oggi. Oltre a soddisfare i bisogni materiali di base, è importante anche il sostegno spirituale, afferma il teologo: “È importante fornire cibo e così via, ma il cibo è necessario anche per l’anima”. “Per me la religione, qualunque cosa accada, ha sempre a che fare con la libertà”. L’obiettivo è quello di accompagnare i senzatetto senza intenzioni missionarie, e di facilitare uno scambio. Kapeller ha anche sottolineato la profonda dimensione spirituale che molti senzatetto rivelano nelle loro conversazioni: “Nella mia esperienza, queste persone hanno il loro modo di credere. Alcuni di loro sono persone molto spirituali. Sono sempre impressionato dalle conversazioni che abbiamo e anche dal livello teologico”. Molte esperienze biografiche di persone senza fissa dimora sono caratterizzate da povertà, esclusione e privazione e mostrano quindi parallelismi con i racconti biblici: “Nei centri diurni, mi rendo conto più volte che le persone non sono lì solo perché c’è del cibo, ma perché sperimentano il senso di comunità e trovano qualcuno con cui parlare”, afferma Kapeller. Il quale si occupa anche dell’organizzazione dei funerali per le persone senza parenti: “Vengo contattato, indipendentemente dal fatto che siano cattolici o meno, e mi è permesso organizzare la cerimonia di commiato. È bello, ma a volte amaro. Spesso non si sa in anticipo: verrà qualcuno o si pregherà da soli?”. “Ho vissuto per strada per una settimana senza scarpe, senza cellulare e senza portafoglio” e l’esperienza, dice, lo ha reso più consapevole dell’esclusione, della solitudine e dell’invisibilità delle persone colpite dalla povertà.

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