Legge di bilancio 2026: Manfredonia (Acli), “manovra tiepida, niente crescita, occasione persa per lavoro povero e coesione sociale”

(Foto ANSA/SIR)

Una manovra “timida se non tiepida”, che “non apporta miglioramenti significativi alla coesione sociale e al mondo del lavoro”. Emiliano Manfredonia, presidente nazionale Acli, definisce in questi termini al Sir la legge di bilancio 2026 che ha avuto oggi il via libera definitivo. Nessun impatto sul Pil, la cui crescita, “stimata allo 0,6-0,7%, non viene incrementata dalla manovra. La stabilità è mantenuta principalmente grazie agli investimenti del Pnrr ma la manovra – sottolinea il presidente Acli – non aggiunge nulla in termini di produttività e crescita complessiva”. L’impressione è quella di “una serie di mancette per sistemare questioni minori”. Insufficienti, secondo Manfredonia, anche i fondi per la sanità: “Nonostante i miliardi stanziati, le risorse non coprono nemmeno l’inflazione, o poco più. Le persone sono costrette a rivolgersi al privato per esami a causa delle lunghe liste d’attesa nel sistema pubblico”.
Per Manfredonia, “si è inoltre persa l’occasione per una riforma seria e strutturale del sistema pensionistico” e l’eliminazione “alcune opzioni di flessibilità selettiva (lavoratori precoci, opzione donna) ha peggiorato la situazione”. Il presidente Acli lamenta anche l’assenza di interventi significativi per adeguare i salari al costo della vita reale e sottolinea come il problema del “lavoro povero”, caratterizzato da “retribuzioni non dignitose e scarsa professionalizzazione,” non venga affrontato. Quanto alla detassazione dei contratti, “appare più un beneficio per i datori di lavoro (riduzione del costo degli aumenti contrattuali) che un vantaggio reale e duraturo per i lavoratori”. Sul taglio dell’Irpef al 33% per i redditi fino a 50mila euro, Manfredonia afferma: “Si tratta di una piccola mancetta, insufficiente a contrastare il fiscal drag e a portare vantaggi concreti alle fasce più basse”. Un approccio che nel tempo “rischia di ampliare le disuguaglianze”. Dura critica, infine, sul taglio del 50% della prima mensilità dell’Assegno di inclusione al momento del rinnovo: “un modo per fare cassa sui poveri”.

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