“La tutela richiede un safe guarding dal linguaggio universale”. Lo ha detto Chiara Griffini, presidente del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori, intervenendo al convegno “IA. Un territorio da esplorare tra confini e sconfinamenti”, promosso da Aiart con l’Università di Catania, la diocesi e Meter, nell’auditorium del Disum al Monastero dei Benedettini. Griffini ha ricordato che “la Chiesa italiana, prima ancora delle linee guida del 2019, ha avvertito la necessità di creare una rete di presidio sul territorio”, attivando tra il 2014 e il 2018 servizi e centri di ascolto che rispondono “non solo a ciò che accade negli ambienti cristiani, ma anche nelle famiglie e nei luoghi di vita quotidiana”. Quindi ha evidenziato che le politiche di tutela “sono oggi politiche di salvaguardia della cultura e dell’identità umana”, e che diventa urgente chiedersi “qual è il bene che vogliamo promuovere nella crescita dei minori”, soprattutto nel rapporto tra relazioni reali e relazioni virtuali. Presentando l’approccio ecclesiale ha richiamato tre parole chiave: “educativo, etico e responsabile”. Nel nuovo sussidio “Buoni passi”, ha spiegato la presidente, sono offerte “indicazioni concrete per intercettare fattori di rischio e di protezione” nei contesti pastorali, scolastici e sportivi, con particolare attenzione all’uso dei social e dei gruppi WhatsApp, perché “l’immagine può essere indebitamente diffusa, manipolata e utilizzata da altri”. Griffini ha concluso richiamando la necessità della “presenza dell’adulto accanto al minore”, ricordando che “dietro gli operatori ci sono famiglie” e che la tutela chiede “sinergie capaci di muovere ogni contesto in cui vive l’umano”.