Migrazioni: mons. Lorefice (Cesi), “il servizio alle nostre Chiese, deve essere quello di aiutare le chiese stesse ad essere com-promesse”

(Foto Ufficio per le Migrazioni della Cesi)

“Tutto quello che abbiamo ascoltato in queste due giornate, racconti di sofferenza, di dolore, di prigionia, ci deve fare capire ancora meglio come il servizio alle nostre chiese, debba essere quello di aiutare le chiese stesse ad essere “com-promesse”, perché il Dio che abbiamo conosciuto è stato quello capace di compromettersi con l’umanità: il mistero dell’incarnazione è proprio questo”. Lo ha detto a Bagheria l’arcivescovo di Palermo e delegato per le migrazioni della Cesi, mons. Corrado Lorefice, al termine delle due giornate del terzo e ultimo incontro 2025 della Commissione regionale per le migrazioni della Conferenza episcopale siciliana. “Una Chiesa com-promessa – ha aggiunto il presule – deve essere però anche una chiesa con-promessa: non possiamo vivere tranquillamente nelle nostre comunità senza considerare l’altro, che non ci accada di ridurre a chiacchiere le nostre eucarestie”. Sono stati tanti i momenti di riflessione, ma soprattutto di commozione, che hanno contraddistinto la seconda giornata dei lavori che sono stati aperti da don Aldo Sciabbarisi che ha raccontato l’iniziativa messa in campo nel territorio della diocesi di Agrigento per organizzare momenti di incontro con i tanti siciliani emigrati all’estero: “Abbiamo deciso di creare delle connessioni, nel senso anche ‘materiale’ del termine con gli agrigentini che ormai da tanti anni vivono fuori e magari non sono più rientrati nella loro terra natia. Abbiamo quindi coinvolto le parrocchie e di volta in volta, attraverso collegamenti video con Whatsapp, abbiamo momenti di confronto, testimonianza, ricordo ed anche recupero delle proprie radici”. Un esperimento che, come evidenziato anche dal direttore regionale dell’Ufficio per le Migrazioni, il diacono Santino Tornesi, potrebbe essere “interessante replicare” anche negli altri territori diocesani per “prendersi cura” non solo di chi ha deciso di partire, ma anche di chi ha scelto di restare ed ha citato i dati riportati dal Rapporto Italiani nel Mondo dello scorso anno. Dalle storie degli emigrati italiani all’estero, a quelle degli immigrati venezualani in Italia durate la giornata. Il racconto ha preso il via con l’intervento del professore Victor Esteban, arrivato in Italia, ad Agrigento, insieme alla moglie, nel 2022, dove ha raggiunto la figlia, avvocata, sposata con un cittadino italiano. Esteban, che al Paese ha lavorato per tanti anni come ingegnere chimico e come professore, si è trovato costretto a lasciare il Venezuela “perché lì non è materialmente possibile vivere, neanche per chi, come me, ha lavorato per anni ed ora è in pensione. La moneta è stata completamente svalutata, non ci sono servizi pubblici, non c’è sanità”. Da qui la decisione, estremamente sofferta, di lasciarsi alle spalle la calda terra del sud, per trasferirsi in un’altra parte del sud del mondo, quella dell’Europa, dove Victor e la moglie, hanno cominciato una nuova vita. E poi la testimonianza di Josè Francisco Farias, presidente dell’Associazione Avisi, giunto a Palermo diversi anni fa e sostenuto sin da subito da Biagio Conte, e quella di Rita Capriti, originaria di Mirto, arrestata nell’agosto del 2024 dal regime di Maduro e rimasta in carcere per 5 mesi per via della sua opposizione politica.

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