Ordinariato militare: da ieri ad Assisi il corso di formazione e aggiornamento per i cappellani. Mons. Saba, “la nostra missione non è statica né comoda ma creativa”

È in corso da ieri sera, presso la Domus Pacis di Assisi, l’annuale corso di formazione e aggiornamento per i cappellani militari, avente a tema “Chiesa castrense e processi sinodali: sviluppi di leadership pastorale per il vescovo e il suo presbiterio”.
I lavori sono stati aperti dall’intervento introduttivo dell’ordinario militare per l’Italia, mons. Gian Franco Saba, il quale ha messo in risalto l’importanza di “vivere insieme un momento di preghiera, di relazione diretta, di fulcro centrale nell’Eucaristia, di ascolto”, in atteggiamento sinodale del presbiterio, “nelle prospettive che stiamo vivendo come Chiesa universale, come Chiesa italiana e quindi come Chiesa particolare Ordinariato militare”.
L’invito del presule è stato quello di vivere “una peculiare azione missionaria nel mondo”, nella “maggior consapevolezza della nostra missione, del nostro compito, dei nostri programmi”.
In alcuni passaggi iniziali Saba ha fatto riferimento all’omelia del mattino di Papa Leone XIV per il Giubileo delle équipe sinodali, indicando dei riferimenti nell’alveo dei quali muoversi, “considerato per altro che l’Ordinariato militare per sua costituzione ha un particolare legame con il successore di Pietro”. L’ordinario ha insistito altresì sulla necessità di “avere una consapevolezza della storia, anche in quest’anno che celebriamo il nostro centenario; non sia qualcosa di estetico ma qualcosa che ci riporta proprio dentro le vene della storia, come Papa Leone ci ha suggerito”.
“La nostra missione – ha proseguito – non è una missione statica, non è una missione comoda, non è una missione di assimilazione rutinaria, ma è una missione creativa e generativa proprio alla luce della relazione con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito Santo. È una opportunità quella che noi viviamo oggi nel cammino della Chiesa, per ripensare la pedagogia dell’assistenza spirituale nei mondi della difesa e della sicurezza. Noi tutti siamo soggettivamente interpellati”. Per l’ordinario militare, “l’assistenza spirituale è una dimensione di dialogo personale molto forte; quello del cappellano militare è un ministero di relazione molto importante. Lo è quello di ogni presbitero, di ciascuno di noi, ma indubbiamente nella Chiesa Castrense questa dimensione spicca in modo molto forte”.
Sottolineata, inoltre, l’importanza dell’incontro con la cultura, entrando anche in contatto con le altre culture, “con le tante sensibilità culturali, con le tante geografie antropologiche”, per una evangelizzazione “che non ponga barriere, che non ponga confini”.
Circa la sinodalità l’arcivescovo castrense ha ribadito: “Per noi è una grande sfida, non per fare i pacifisti, ma per una vera teologia della pace. La teologia della pace non si fonda sui pacifismi. La teologia della pace nasce dall’orizzonte del mistero di grazia che abbiamo ricevuto, dal mistero di conciliazione”.
Quindi l’invito a “formare, attraverso l’assistenza spirituale, uomini e donne che sappiano mitigare la propria interiorità per essere costruttori e artefici di pace. Credo che questo sia il servizio di una Chiesa che non celebra le armi, ma che celebra il mistero dell’amore, il mistero della carità nel mondo. Per noi questa è una responsabilità, soprattutto anche davanti a chi non comprende ancora molto bene, forse, la vocazione di una Chiesa Ordinariato militare. Vi è differenza tra altre organizzazioni e una Chiesa, una comunità ecclesiale, che porta avanti questa ministerialità, questo tipo di servizio”.

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