Meeting Rimini: card. Zuppi, “Il Padre ci tratta da figli e non da estranei. La Chiesa è Madre, lasciamoci allattare da lei”

(Da Rimini) “Il nostro è un Padre corregge colui che ama e che ci tratta da figli e non da estranei. Non un accompagnatore distratto che lascia fare o asettico giudice che osserva e sentenzia. Ci sono tanti amiconi in giro che hanno paura di essere padre. Il nostro è il più grande amico della nostra vita. Ed è Padre”. Lo ha detto questa mattina al Meeting di Rimini, il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei celebrando la Messa domenicale. “Quanto è vero che non si può avere Dio per Padre se non abbiamo la Chiesa come madre – ha aggiunto -. E la Chiesa non è un’entità impalpabile, astratta, diafana ma assume i tratti, umani e spirituali, della nostra esperienza, della carne, del carisma di questa chiamata che ci fa riconoscere il dono che siamo. Lasciamoci allattare da questa Madre che è la Chiesa”. “Se il Verbo si è fatto carne, è in una carne che noi lo troviamo, identicamente”, ha spiegato citando don Luigi Giussani, e quindi non “un devoto ricordo o un vago sentimento di pietà per Gesù”. “Che tristezza – ha aggiunto il card. Zuppi – i cristiani figli di sé stessi, che scambiano individualismo per maturità, che contrappongono l’appartenenza alla coscienza, la comunione alla responsabilità, un legame forte alla libertà interiore. Ecco la bellezza di essere qui aiuta tutti noi a godere della comunione che ci unisce tra noi e con la Chiesa tutta”. “Il nostro è un Padre che non ci possiede – ha proseguito con una citazione di Peguy -, ma desidera solo che cominciamo ad amarlo come uomini, liberamente, gratuitamente, aspettando l’ora segreta ‘quando i suoi figli cominciano a diventare uomini’”. “Gesù non allarga la porta dell’amore tanto da non significare più nulla – ha detto il presidente della Cei -. Non ne fa una su misura, perché Lui è la misura, la porta”. Una porta stretta ma che poi “diventa incredibilmente larga, si apre all’infinito, tanto da raggiungere il mondo intero, da farci entrare nel regno dei cieli, cioè nella felicità con tutti”. “Entriamo per questa porta – è stata l’esortazione del cardinale – quando condividiamo nella caritativa quello che abbiamo con chi non lo ha; quando liberiamo qualcuno dalla tortura della solitudine, quando rendiamo amato il soffio della vita accompagnandolo dal suo inizio fino alla sua fine, quando invitiamo a pranzo chi non può restituircelo. La porta larga poi diventa, invece, terribilmente stretta, perché riduce tutto all’io! Il mondo e la Chiesa hanno bisogno della passione irriducibile e forte per l’umano, piena di Cristo e che riconosce in questo il desiderio di Dio”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Italia