Populismi e “democrazie”

Il sale della democrazia dovrebbe essere il principio dell’uguaglianza, reso plasticamente concreto dall’identico valore del voto di ogni elettore. Un principio che attribuisce uguale dignità e libertà ad ogni schieramento che si presenti alle competizioni

Iniziamo questa nota “politica” con la classica aporetica affermazione di Winston Churchill: “La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”. Il che vorrebbe essere un apprezzamento, ma è anche una messa in guardia. Infatti, ce ne stiamo rendendo conto in questi anni. Al di là delle tre forme classiche, sancite da Aristotele: monarchia (governo di uno solo), aristocrazia (governo dei migliori), e appunto democrazia (governo del popolo), le cui degenerazioni sono la tirannide o dittatura (potere mantenuto da uno con violenza), l’oligarchia (potere che favorisce pochi) e la meno nota oclocrazia (potere in mano alle masse), la storia ci ricorda varie declinazioni della stessa monarchia (assoluta, costituzionale, parlamentare…) o della democrazia (partecipativa, deliberativa, rappresentativa), ma anche dell’oligarchia (plutocrazia: governo dei ricchi; tecnocrazia: dei tecnici). In moltissimi casi oggi, nel mondo, ci sono repubbliche; ma anch’esse – non automaticamente sinonimo di “democrazia”, almeno nel nostro significato ordinario – piuttosto variegate: parlamentari, presidenziali, semipresidenziali; popolari, socialiste, islamiche (spesso vere e proprie “teocrazie”: comando attribuito al divino…). Ebbene, quale sistema di governo è preferibile? Molti o tutti risponderebbero “democrazia”; ma il termine si rivela, appunto, troppo generico, anzi equivoco. Non esiste una “democrazia perfetta”: anche la nostra che, come tante altre, è “democrazia parlamentare rappresentativa”, è da ritenersi appunto “imperfetta”.
Il sale della democrazia dovrebbe essere il principio dell’uguaglianza, reso plasticamente concreto dall’identico valore del voto di ogni elettore. Un principio che attribuisce uguale dignità e libertà ad ogni schieramento che si presenti alle competizioni. Per questo ogni partito e ogni lista, in democrazia, dovrebbero avere pari diritti e doveri nel governo o nell’opporsi ad un determinato governo. Ma assistiamo, di questi tempi, ad una evidente crisi del sistema “democratico” occidentale-liberale in quanto tale, che, proprio grazie alla sua intrinseca “tolleranza” libertaria verso tutto e tutti, sta prestando il fianco al proprio logoramento, preludio dello sgretolamento. La questione si è posta in modo plateale in Germania con la definizione di “minaccia per l’ordine costituzionale”, lanciata (a ragion veduta, pare) dall’Ufficio federale a difesa della Costituzione contro il partito di estrema destra in continua crescita “Alternative fur Deutschland” (AFD). Ma non è un sintomo esclusivo della democrazia tedesca. Basta una breve panoramica per constatare che situazioni simili si presentano in Romania (dove l’estrema destra populista si è riaffermata dopo l’annullamento delle precedenti elezioni e si prenota per andare al governo), ma anche in Georgia; o in Turchia e in Ungheria dove il “populismo” destrorso è già al potere; o in Francia dove si è tentato di emarginare il “Rassemblement National” di Le Pen, e perfino negli Stati Uniti, da dove, anzi, Trump sembra dare lezioni a tutti.
Anche in Italia, lo schieramento di destra, o almeno parte di esso, solidarizza senza remore con questo forte vento che sta soffiando in occidente. La scorciatoia del metterne fuori gioco giuridicamente i leader o i partiti non funziona, anzi sembra ulteriormente premiarli. E, del resto, contraddice appunto al principio-base della democrazia “liberale”! Ciò infatti implicherebbe la pretesa degli “altri” di avere l’esclusiva della democrazia, attribuendo ai propri voti (come spesso si rischia di fare, in varie forme: è, da noi, uno storico vizio della “sinistra”) maggior valore rispetto a quanti scelgono diversamente. Posto che il meccanismo democratico funziona con il “consenso”, questo va perseguito correttamente: i populisti sono abili nel conquistarselo cavalcando risentimenti e frustrazioni degli elettori dovuti a problemi reali o percepiti; quanti si ritengono difensori della democrazia e della legalità, per evitare che queste siano minate dall’interno, non devono far altro che dare risposte equilibrate, ma adeguate ed efficaci, a quei risentimenti e frustrazioni, e dunque a quei problemi (per restare agli argomenti più popolari: sicurezza, immigrazione, green, woke…). Purtroppo non è semplice, ma l’alternativa è rassegnarsi al tramonto di questo sistema occidentale, che sta ormai mostrando la corda.

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