Cisgiordania: l’impatto dell’occupazione sulla salute dei palestinesi. Nour (Betlemme): “Violenza e incursioni provocano stress e ci espongono a gravi patologie”

L’occupazione militare israeliana ostacola l’accesso dei palestinesi alle cure sanitarie. Posti di blocco, mancanza di farmaci e permessi negati aggravano le malattie. Nour racconta la storia della madre: senza terapia, il cancro è tornato. E Gaza vive un’emergenza umanitaria

(Foto: ANSA/SIR)

L’occupazione militare israeliana nei Territori Palestinesi, che includono Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, ha un impatto pesante anche sulla salute dei palestinesi e sul loro accesso ai servizi sanitari. Le restrizioni alla libertà di movimento, come i posti di blocco e le barriere fisiche, complicano gli spostamenti quotidiani verso ospedali e centri di cura. Le persone con malattie croniche o condizioni mediche urgenti possono affrontare gravi ritardi e ostacoli. Dopo l’epidemia di Covid e adesso con la guerra in corso a Gaza, scoppiata in seguito al 7 ottobre 2023, le condizioni di vita nei Territori Palestinesi sono diventate ancora più dure anche per la mancanza di lavoro e per la revoca, da parte di Israele, dei visti di lavoro a migliaia di palestinesi, per motivi di sicurezza. Il quadro è ancora peggiore se si considera che le infrastrutture sanitarie palestinesi sono spesso inadeguate e per questo sotto continua pressione. Gli ospedali e le cliniche in Cisgiordania e, in particolare a Gaza, lamentano la mancanza di forniture mediche, di strumentazioni diagnostiche moderne e di cure adeguate a causa delle restrizioni imposte dall’occupazione e dalla mancanza di finanziamenti. L’organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e diverse organizzazioni per i diritti umani, come Human Rights Watch e Amnesty international, da tempo documentano le violazioni dei diritti alla salute dei palestinesi, riportando notizie di attacchi israeliani a ospedali e personale sanitario, di restrizioni all’assistenza umanitaria e altri abusi. Numerosi anche gli appelli da parte di organismi internazionali affinché Israele rispetti il diritto internazionale, in particolare il diritto alla salute, e garantisca le condizioni necessarie affinché i palestinesi possano accedere a cure adeguate.

(Foto: AFP/SIR)

Tante le storie che confermano questa situazione. Da Betlemme, a parlare al Sir, è Nour (nome di fantasia, ndr.): “Mia madre ha combattuto contro il cancro per circa tre anni, con successo. In quel periodo possiamo dire che stava bene: la malattia era sotto controllo grazie alle terapie. A febbraio di quest’anno, però, le medicine – delle iniezioni – che doveva assumere per continuare a curarsi non sono più state disponibili per molte donne malate di cancro, ne conosciamo almeno cinquanta. Ne arrivavano solo due, e la farmacia di Beit Jala, vicino Betlemme, non sapeva a chi assegnarle. Ogni mattina chiamavamo per sapere se fossero disponibili o meno. Il farmaco che serve a mia madre costa circa 12.000 shekel, quasi 3.000 euro. In Palestina non è reperibile: si trova solo in Israele. Ma tutto è sotto stretto controllo a causa dell’occupazione militare israeliana. I ritardi accumulati, circa tre settimane senza terapia, hanno fatto sì che il cancro si ripresentasse. Oggi mia madre ha metastasi al cervello, come confermato dagli esami medici. È stato uno shock per tutta la nostra famiglia”.

Il pensiero di Nour corre anche a Gaza, dove, racconta con amarezza, “moltissimi bambini stanno morendo di tumore a causa della mancanza di cure e medicinali”.

“Mia madre ha lottato per tutta la vita, insieme a mio padre, per dare un futuro a me, ai miei fratelli e sorelle. Ha affrontato dolori profondi, come la perdita di due figli, e ha superato momenti durissimi” ricorda Nour. Forte la sua denuncia: “Oggi, per ottenere un appuntamento in ospedale a Gerusalemme e ricevere le cure, bisogna attendere che Israele rilasci i permessi medici, che non arrivano subito. Quindi non sai mai se potrai rispettare l’appuntamento. Senza permessi non si può passare ai check point dell’esercito di Israele e attraversare il muro di separazione. Lo stesso vale per i familiari delle persone malate che devono accompagnarle o prendersene cura in ospedale. Non a tutti viene concesso il permesso per entrare e uscire liberamente: spesso è rilasciato solo alle donne. I permessi arrivano in ritardo e questo complica enormemente la vita dei malati e dei loro cari”. Un dolore condiviso con tante altre famiglie palestinesi che “da decenni vivono nella sofferenza, nel dolore, sotto la pressione psicologica” dell’occupazione militare israeliana. Gli effetti del conflitto pesano sulla salute mentale sulla popolazione palestinese: “Il costante stato di violenza e instabilità provoca stress, ansia e depressione, patologie sempre più diffuse nei Territori Occupati”.

Foto Calvarese/SIR

“Qui non siamo mai tranquilli, e tutto questo influisce sulla nostra salute esponendoci naturalmente anche a patologie gravi come il cancro.

In ogni famiglia ci sono diversi casi di tumore.

Le bombe, le incursioni, il muro di separazione, le chiusure, le demolizioni influiscono pesantemente sulla nostra vita quotidiana. L’oppressione che viviamo è difficile da spiegare. Non ci resta che pregare e vivere giorno per giorno. Da parte nostra – conclude Nour – cerchiamo di donare a mia madre momenti belli, come passare del tempo con i nipoti. Anche così si può affrontare il dolore della malattia e dell’occupazione”.

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