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Striscia di Gaza. Capi Chiese Gerusalemme e Welby (anglicani): “Comunità internazionale garantisca protezione a ospedali, scuole e luoghi di culto”

Continuano i bombardamenti nella Striscia di Gaza. All'interno della parrocchia latina i circa 700 cristiani pregano incessantemente per la pace. Senza luce, con l'acqua potabile che scarseggia, i religiosi cercano di venire incontro ai tanti bisogni dei fedeli. La testimonianza del parroco Romanelli e di suor Maria del Pilar. La condanna dei patriarchi e dei capi delle Chiese di Gerusalemme e dell'arcivescovo anglicano, Justin Welby

(Foto Greek Orthodox Church)

“Tutta l’area è in grande fermento. Nella nostra parrocchia della Sacra Famiglia, religiosi e laici, insieme ai parrocchiani cattolici e ortodossi, continuano a consolare coloro che piangono i loro morti, curando le ferite, aiutando tutti. Gran parte delle quasi 700 persone che alloggiavano negli edifici parrocchiali che si affacciano sulla strada, temendo di poter subire qualcosa di analogo a quanto accaduto nella chiesa ortodossa, dormono all’interno della chiesa”.

Fedeli di Gaza in preghiera (Foto parrocchia latina)

Padre Gabriel Romanelli, parroco dell’unica parrocchia cattolica di Gaza, dedicata alla Sacra Famiglia, descrive al Sir lo stato d’animo dei suoi fedeli a pochissimi giorni dall’attacco israeliano alle strutture della chiesa greco-ortodossa di san Porfirio. Il numero delle vittime della guerra continua ad aumentare: oltre ai 1.400 morti in Israele e agli oltre 3.000 feriti e 200 ostaggi, a Gaza si contano già 4.000 morti e più di 14.000 feriti. Circa 1.500 persone restano sotto le macerie nella Striscia, tra cui circa 800 bambini. Quelle che si stanno vivendo, spiega, “sono notti di forti bombardamenti” fino alle prime ore del mattino. “Riposare è difficile” per tutti, soprattutto per i religiosi e religiose che non appena svegli si danno da fare per preparare “per l’Adorazione eucaristica, il primo Rosario e la Messa”.

(Foto Latin Parish Gaza)

Senza acqua e luce. A testimoniare al Sir la gravità del momento è anche suor María del Pilar, missionaria a Gaza dell’Istituto del Verbo Incarnato (Ive): “Attualmente siamo senza elettricità e senza acqua potabile, utilizziamo l’acqua del pozzo ma non sappiamo quanto durerà e così anche per l’acqua minerale che abbiamo dovuto acquistare a prezzo triplicato. Cerchiamo con molta carità di garantire che ognuno riceva ciò di cui ha bisogno nel miglior modo possibile”. La religiosa riferisce anche del funerale dei 18 cristiani morti nel bombardamento israeliano al complesso della parrocchia ortodossa di san Porfirio: “È stato molto triste e doloroso vedere i bambini dire addio ai loro genitori e ancora più doloroso vedere i genitori dire addio ai loro figli. Alcuni di loro hanno dato l’addio a tutti i loro figli. Un’immagine difficile da cancellare anche perché alcuni di questi bambini partecipavano alle attività della nostra parrocchia. Erano famiglie molto conosciute e molto vicine a noi. Chiediamo a tutti di unirvi alle nostre preghiere affinché Dio nella sua misericordia conceda il dono della pace”.

Enorme incertezza. Ieri la liturgia celebrava la festa di San Giovanni Paolo II che, insieme alla Vergine di Luján, è il patrono della famiglia religiosa del Verbo Incarnato (Ive) cui appartiene padre Romanelli. “Seguendo il suo insegnamento – rivela il parroco di origini argentine, ancora bloccato a Betlemme a causa della guerra – in parrocchia si è pregato la misericordia e la pace. I nostri fedeli stanno tutti bene. Ma l’incertezza è enorme. È necessario lavorare per la pace. Ci sono già stati troppi morti in Palestina e Israele e troppi feriti” conclude padre Romanelli ricordando le parole di Papa Francesco, di ieri all’Angelus: “Sono molto preoccupato, addolorato, prego e sono vicino a tutti coloro che soffrono, agli ostaggi, ai feriti, alle vittime e ai loro familiari. Penso alla grave situazione umanitaria a Gaza e mi addolora che anche l’ospedale anglicano e la parrocchia greco-ortodossa siano stati colpiti nei giorni scorsi. Rinnovo il mio appello affinché si aprano degli spazi, si continuino a far arrivare gli aiuti umanitari e si liberino gli ostaggi. La guerra, ogni guerra che c’è nel mondo – penso anche alla martoriata Ucraina – è una sconfitta. La guerra sempre è una sconfitta, è una distruzione della fraternità umana. Fratelli, fermatevi! Fermatevi!”.

(Foto Custodia Terra Santa)

Subito un cessate-il-fuoco. Appello simile è stato lanciato, nella serata di sabato, anche dai Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme, insieme a Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, in visita a Gerusalemme nei giorni scorsi. Dopo aver condannato gli attacchi aerei israeliani al complesso della chiesa ortodossa di San Porfirio a Gaza, la notte del 19 ottobre, i leader religiosi lanciano un appello alla comunità internazionale affinché “garantisca immediatamente la protezione a Gaza a rifugi come ospedali, scuole e luoghi di culto. Chiediamo un immediato cessate il fuoco umanitario in modo che cibo, acqua e forniture mediche vitali possano essere consegnati in sicurezza alle agenzie di soccorso che si occupano delle centinaia di migliaia di civili sfollati a Gaza, comprese quelle gestite dalle nostre stesse chiese”. Infine, scrivono i patriarchi e l’arcivescovo Welby, “invitiamo tutte le parti in conflitto a ridurre l’escalation della violenza, a cessare di prendere di mira indiscriminatamente i civili su tutti i fronti e ad operare nel rispetto delle regole internazionali di guerra”. Solo in questo modo, secondo i leader religiosi, si potrà negoziare una pace giusta e duratura.

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