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Etiopia. Human rights watch: “Continua la pulizia etnica nella regione del Tigray”

Il 2 novembre 2022 è stato siglato, dopo due anni di conflitto, un accordo di cessate il fuoco tra il governo dell’Etiopia e il Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf). Eppure continuano le detenzioni arbitrarie, le espulsioni e gli abusi nei confronti dei tigrini nella regione del Tigray occidentale, una vera e propria pulizia etnica secondo l'ultimo rapporto dell'organizzazione per i diritti umani Human rights watch.

(Foto ANSA/SIR)

Nonostante l’accordo di cessate il fuoco siglato il 2 novembre 2022 tra il governo dell’Etiopia e il Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf)  continua la pulizia etnica nella regione del Tigray occidentale: detenzioni arbitrarie ed espulsioni di migliaia di tigrini, esecuzioni extragiudiziali, torture e abusi, persone lasciate morire di fame o picchiate a morte solo a causa della loro appartenenza etnica. Gli esecutori materiali di queste gravi violazioni dei diritti umani, che si configurano come crimini di guerra e crimini contro l’umanità, sarebbero le autorità locali e le forze Amhara (in particolare la milizia nota come “Fano”), già coinvolte nel conflitto iniziato nel novembre 2020. E’ la denuncia contenuta in un rapporto di Human rights watch, reso noto nei giorni scorsi. Lo scopo della pulizia etnica è terrorizzare la popolazione e forzare le persone a lasciare le zone in cui vivono.

Imprigionati solo perché tigrini. Gli attivisti dell’organizzazione per i diritti umani hanno intervistato telefonicamente 35 persone – tra cui sfollati, ex detenuti e operatori umanitari – che hanno raccontato di aver subito personalmente abusi o di essere stati testimoni di fatti gravissimi. Le forze di sicurezza – un mix tra polizia regionale Amhara, forze federali etiope ed eritree – hanno catturato arbitrariamente migliaia di tigrini solo a causa della loro identità e li hanno portati in prigioni, campi militari, magazzini e scuole trasformate in campi di detenzione. Alcuni sono rimasti lì per mesi, perfino un anno.

Senza cibo, acqua e medicine. Centinaia di tigrini, ad esempio, sono stati detenuti nelle città di Humera, Rawyan, Adebai nel Tigray occidentale in condizioni terribili, senza cibo, acqua e medicine. “Se le persone si ammalavano le lasciavano lì fino a che non morivano”, ha raccontato un 28enne detenuto nella prigione di Bet Hintset a Humera. Una prigione affollata fino all’inverosimile, fino a 1900 persone. In una cella di 12 metri per 4 c’erano 140 persone, in alcune 198, in altre 379 persone. “Durante la stagione calda era difficile dormire perché non c’era spazio, così dormivano a turni”. Un contadino ha raccontato che

“a volte ci davano solo tre biscotti che dovevano bastare per una settimana”.

Almeno 19 persone sono morte di fame o a causa della mancanza di farmaci a Bet Hintset tra luglio 2021 e novembre 2022. Molti venivano picchiati brutalmente con bastoni, sbarre di ferro, cavi elettrici, o lasciati tutto il giorno sotto il sole cocente. Tanti sono morti a causa delle sevizie. Quattro detenuti hanno testimoniato che un membro della milizia “Fano”, noto come “Shiferaw”, ha minacciato di uccidere 10 prigionieri se qualcuno avesse provato a scappare: “Nessuno mi può accusare – avrebbe detto -. Non è un peccato uccidere i tigrini”. Una volta hanno chiesto ai tigrini laureati di scrivere il loro nome in una lista. Le autorità hanno portato via 56 persone e nessuno li ha più visti.

Secondo un report di agenzie umanitarie diffuso dalla Reuters il 10 novembre le milizie “Fano” hanno trasportato oltre 2.800 donne, uomini e bambini da 5 centri di detenzione nel Tigray occidentale. Altre 70 persone sono state espulse dalle loro terre nel gennaio 2023.

“Le milizie sono entrate in casa mia e mi hanno detto che dovevo andare via perché questa non è la nostra terra

– ha riferito una donna fuggita in Sudan da Adebai -. Hanno bussato alle nostre porte a mezzanotte e detto che non potevamo più tornare indietro”.

Non ci sono dati ufficiali sui tigrini sfollati all’interno dell’Etiopia, visto che il conflitto era tra il governo federale e la regione del Tigray. Nel 2021 si parlava di centinaia di migliaia di persone. Si sa solo che ad ottobre 2022 erano circa 47.000 gli etiopi rifugiati in Sudan (dati Unhcr). Tuttora il governo etiope non ha interesse a portare davanti alla giustizia chi ha commesso gli abusi, nonostante alcuni nomi siano noti e documentati nei report delle organizzazioni per i diritti umani. Dopo la firma dell’accordo del novembre 2022 l’Unione europea, gli Stati Uniti e altri partner internazionali hanno chiesto che la giustizia fosse una priorità nel Tigray eppure, nonostante le richieste siano state disattese, si sono riavvicinati comunque al governo etiope.

Appello al governo etiope e ai governi. “La tregua di novembre nel nord dell’Etiopia non ha portato alla fine della pulizia etnica dei tigrini nel Tigray occidentale – afferma Laetitia Bader, direttrice per l’area del Corno d’Africa di Human rights watch -. Se il governo etiope è veramente intenzionato a fare giustizia, dovrebbe smettere di opporsi alle indagini indipendenti sulle atrocità”.  Hrw chiede al governo di “sospendere, indagare e perseguire le forze di sicurezza e gli ufficiali implicati nei seri abusi nel Tigray occidentale”. Anche se le leggi internazionali riconoscono a chi è stato cacciato dalle proprie terre il diritto di tornare al momento “non è possibile un ritorno volontario, sicuro e dignitoso”. Ai governi chiede di sostenere il mandato della Commissione internazionale delle Nazioni Unite di esperti di diritti umani in Etiopia (Ichree) e facilitarne l’accesso. Una missione di monitoraggio dell’Unione Africana è in programma per il mese di giugno.

 

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