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Papa Francesco in Iraq: mons. Michaeel (Mosul): “Tra le macerie lasciate dall’Isis il Papa ci dirà di avere speranza”

Il 7 marzo Papa Francesco sarà a Mosul per pregare per le vittime delle guerre. Una tappa significativa del viaggio in Iraq che porterà il Pontefice nella città martire che fu anche capitale dello Stato islamico dal 2014 al 2017 in Iraq. Con l'arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Najeeb Michaeel anticipiamo i contenuti della giornata

Papa Francesco sorridente ritratto tra il campanile della chiesa di Al-Saa (Nostra Signora dell’Ora) e il minareto pendente di Al-Hadba della moschea di al-Nouri, luoghi che sono la memoria e la storia di Mosul, simboli della diversità culturale e della convivenza pacifica tra le sue comunità. Sopra l’immagine del Pontefice la bandiera vaticana e quella irachena, sovrastate dal volo di una colomba bianca, sul becco un ramoscello di ulivo, e poco più sotto la scritta “Mosul ti da il benvenuto”. Oggi la seconda città d’Iraq, capoluogo del governatorato di Ninive, mostra ancora i segni e le ferite aperte della dominazione dello Stato Islamico che la elesse, il 29 giugno 2014, capitale del Califfato in terra irachena. Fino alla sua liberazione, nel 2017, ad opera dell’esercito iracheno.

Nella spianata delle chiese distrutte da Daesh. Qui il Papa arriverà il 7 marzo per una delle tappe più attese del suo viaggio in Iraq che comincerà il 5 marzo (fino all’8). Il programma papale prevede per quel giorno, presso Hosh al-Bieaa (piazza della Chiesa), una preghiera di suffragio per le vittime della guerra. A raccontare al Sir il clima di attesa di Mosul è l’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Najeeb Michaeel: “Da oltre due mesi fervono i preparativi per accogliere Papa Francesco nel modo migliore possibile. Mosul è la città che forse più di altre rappresenta in Iraq l’orrore della guerra e della violenza”.

“Ancora oggi ci sono cadaveri dei miliziani dello Stato Islamico tra le macerie di questa città martire”.

Mons. Moussa parla del “grande impegno di musulmani e cristiani, insieme a fedeli di altre fedi, per organizzare questo incontro nella spianata delle chiese dove sorgono le quattro chiese dell’antica comunità cristiana demolite dai terroristi dell’Isis. A Mosul – ricorda l’arcivescovo – si contano oltre 30 chiese completamente distrutte dall’Isis. Ferite ancora aperte perché – rimarca – nessuna è stata ricostruita. E lo stesso si può dire per moschee e mausolei”.

Qualcosa, tuttavia, sembra muoversi: lo scorso anno l’Unesco ha approvato i lavori per la stabilizzazione e il restauro della chiesa conventuale di Nostra Signora dell’Ora, della chiesa siro-cattolica di Al Tahera e del complesso della moschea di Al Nouri, fatta saltare in aria da Daesh. Un progetto complessivo denominato “Reviving the Spirit of Mosul by rebuilding its historic landmarks” (Ravvivare lo spirito di Mosul ricostruendo i suoi monumenti storici), finanziato in parte dagli Emirati arabi uniti.

Con il Papa tra le macerie. Il 7 marzo in piazza Hosh al-Bieaa a pregare per le vittime della guerra ci saranno cristiani, musulmani, yazidi e altre fedi.

“Saremo riuniti tutti intorno al Papa, in mezzo alle macerie”

afferma mons. Michaeel quasi anticipando i contenuti dell’incontro: “una preghiera, due testimonianze, di un fedele sunnita e di un sacerdote e poi il volo di una colomba segno di pace.

Il Santo Padre salirà poi su una piccola papamobile per fare un breve giro e vedere da vicino le chiese distrutte nella piazza e nelle zone limitrofe”.

“Il messaggio più forte che si alzerà da questa piazza – ribadisce l’arcivescovo – sarà quello che ci dirà che dopo la morte, la violenza, l’ingiustizia verranno la pace, la giustizia e la speranza, in una parola la resurrezione”.

“Ammiriamo il coraggio del Papa di venire qui da noi, pregare e ascoltare cristiani, musulmani e gente del posto ma anche a vedere la testimonianza delle pietre, quelle delle case e chiese distrutte. Il Papa passerà tra le macerie di questa città che risale a oltre duemila anni fa così come la comunità cristiana che l’abita dalle origini. Il Papa viene a dire alle pietre vive di Mosul di non avere paura, di sperare nella pace.

Paura non può essere l’ultima parola ma pace.

Per questo motivo sono certo che da Mosul si leverà una preghiera non solo per i morti, per le vittime delle guerre ma anche per infondere coraggio e speranza ai vivi. Ne abbiamo tanto bisogno – afferma mons. Michaeel -. Oggi a Mosul sono rientrate solo 60 famiglie cristiane, prima dell’invasione di Daesh erano 6000. Il Papa ci aiuterà a ricostruire la speranza e a tornare per ricostruire ciò che Daesh ha distrutto”. Dopo la tappa a Mosul Papa Francesco in elicottero raggiungerà Qaraqosh. Dopo l’atterraggio, sulla strada verso Qaraqosh, l’auto del pontefice transiterà a Karamles dove è sepolto padre Ragheed Ganni, sacerdote martire della chiesa irachena. Lungo la strada ad accoglierlo, nonostante le restrizioni per il Covid, sono attese tantissime persone festanti. È previsto il suono delle campane. A Karamles sperano in una breve sosta del Papa per la benedizione alla città.

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