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Trump e Merkel: due modelli di politica, due visioni della democrazia

Il 2021 si è aperto con l'uscita di scena dell'ex presidente statunitense, mentre a settembre, con le elezioni legislative, la cancelliera tedesca lascerà il potere dopo un quindicennio. Ma le due parabole, personali e politiche, sono assai differenti, soprattutto in relazione al rapporto con le istituzioni democratiche, con i cittadini e nella ricerca del "bene comune"

(Foto ANSA/SIR)

L’anno 2021 sarà segnato dal passo indietro dal potere di due personalità che rappresentano due visioni differenti nell’interpretare il ruolo politico: Donald Trump, ormai ex presidente degli Stati Uniti, e Angela Merkel, cancelliera della Germania ancora per alcuni mesi. Due visioni, due metodi, due personalità, non soltanto differenti, ma opposte, come si oppongono il bianco e il nero, l’acqua e il fuoco.
Trump avrebbe voluto intraprendere un secondo mandato presidenziale, ma ha perso le elezioni dopo quattro anni di una presidenza a tratti tragicomica. Poi ha contestato il risultato e l’elezione del suo avversario, moltiplicando i ricorsi giudiziari con la mobilitazione di un esercito di avvocati insieme alle cosidette fake news sul tema “la rielezione mi è stata rubata”. I suoi partigiani più facinorosi si sono lanciati contro il Campidoglio, simbolo di democrazia. È stato assente ostentatamente dalla cerimonia di intronizzazione del suo successore, il nuovo presidente Joe Biden.
In questo modo Trump è stato accusato da più parti di aver negato i principi stessi della democrazia, costruita in due secoli di storia.Angela Merkel invece arrivò alla cancelleria tedesca nel 2005, fu eletta di nuovo nel 2009, 2013, 2018, e ora si prepara a lasciare volontariamente il potere dopo più di quindici anni, nonostante un livello di popolarità che sorpassa secondo i sondaggi il 70%. Una situazione oggettivamente rarissima, soprattutto in un contesto di crisi.
Trump ha spesso attaccato avversari e ogni altra voce che gli era contraria; Merkel è stata rispettosa degli avversari. Trump non di rado ha creato conflitto; la cancelliera in genere appare preoccupata di trovare soluzioni intermedie e di mediazione attraverso il negoziato. Sui migranti il presidente Usa ha cercato di chiudere le porte ed erigere muri, la Germania in questi anni ha accolto un numero elevatissimo di rifugiati. Trump ha infine mostrato un certo disprezzo per le istituzioni democratiche; Merkel rispetta non soltanto la democrazia federale del suo Paese, ma si inserisce nella complessità delle istituzioni europee per far progredire – col “peso” politico ed economico della Germania – l’integrazione comunitaria.
Sarebbe possibile continuare a sottolineare le forti differenze tra questi due politici. E al contempo, attraverso di loro, si potrebbero paragonare due democrazie occidentali che si trovano ad affrontare una fase critica.
Angela Merkel indica, anche attraverso il suo comportamento privato oltre che pubblico, che la democrazia è una questione di fiducia: fiducia nelle istituzioni rappresentative e negli uomini e donne che le rappresentano; fiducia in un progetto di convivenza pur in contesti di profonde diversità sociali e culturali.
Nel lontano Settecento, Montesquieu affermava che la democrazia ha bisogno di virtù. La virtù non è soltanto l’onestà personale, che è evidentemente necessaria. Tante apparenti democrazie sono mortificate dal fatto che i politici rubano al popolo, o se ne approfittano, come in numerosi Paesi africani (a volte accade anche nei Paesi europei). La virtù si trova anche nella serietà di un progetto comune, nella capacità di rispondere alle attese del popolo. In questo senso il paragone tra Trump e Merkel dimostra quanto l’azione politica sia soprattutto un metodo. Un metodo che non si coltiva in Twitter, ma nella pazienza, nel rispetto delle opinioni differenti, nella ricerca senza sosta delle posizioni e scelte che possono unire e portare beneficio.
Per i credenti, in particolare, la preghiera deve accompagnare l’azione politica, favorendo il discernimento.
In questo senso, si potrebbe svolgere un altro confronto, tra la cerimonia di insediamento di Joe Biden il 20 gennaio scorso, e quella di Donald Trump quattro anni fa. Ricordiamo il discorso agressivo di quest’ultimo, e quello pacificante del nuovo presidente, e il posto dato alla preghiera. Abbiamo visto pregare i grandi politici di Washington. Non si tratta di debolezza, ma al contrario della forza politica che deriva dall’attenzione posta alle persone, alla centralità della dignità umana… Il contrario, dunque, della pubblica esecrazione degli avversari, ma piuttosto la ricerca ferma e rispettosa del consenso e l’azione politica volta al bene comune.

 

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