Che cos’è il Fascicolo sanitario elettronico (Fse) e perché va implementato? A spiegarlo è Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, nel suo intervento al 19° Forum Risk Management in corso ad Arezzo. Non si tratta, esordisce, solo di “uno strumento con cui il cittadino può tracciare e consultare la propria storia sanitaria, condividendola in maniera sicura ed efficiente con gli operatori sanitari, ma rappresenta
una leva strategica per migliorare accessibilità, continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari”.
E se il Pnrr mira ad arricchire e armonizzare i Fse, rendendoli interoperabili e connettendo tra loro le infrastrutture digitali, persistono tuttora “significative diseguaglianze regionali che privano molti cittadini delle stesse opportunità di accesso e utilizzo. Inoltre, la mancata armonizzazione del Fse rischia di lasciare i cittadini senza accesso a dati essenziali per la propria salute in caso di spostamento tra Regioni”.
Il Decreto del ministero della Salute del 7 settembre 2023 ha definito i contenuti del Fse 2.0, ma non tutte le Regioni rendono disponibili tutti i documenti: “Ad oggi – prosegue Cartabellotta – solo 7 tipologie di documenti sono accessibili su tutto il territorio nazionale: lettere di dimissione ospedaliera, prescrizioni farmaceutiche e specialistiche, referti di laboratorio, di radiologia e di specialistica ambulatoriale, verbali di pronto soccorso”.
Forte la disomogeneità a livello regionale.
A livello nazionale sono messi a disposizione degli utenti il 79% dei documenti, ma il Lazio è l’unica Regione che include nel Fse tutte le tipologie di documenti previsti dal decreto, mentre le altre Regioni presentano livelli di completezza variabili: dal 94% del Piemonte al 63% di Marche e Puglia.
Quali servizi offre? Attualmente, nei Fse regionali sono disponibili 37 servizi che consentono ai cittadini di svolgere attività fondamentali: dal pagamento di ticket e prestazioni alla prenotazione di visite ed esami, fino alla scelta del medico di medicina generale o alla consultazione delle liste d’attesa. Ma i Fse contengono anche il profilo sanitario sintetico e il taccuino personale dell’assistito, i certificati vaccinali con la scheda di ogni singola vaccinazione, il consenso o il diniego alla donazione degli organi. La disponibilità di questi servizi varia però significativamente tra le Regioni:
solo Lazio (67%) e Toscana (64%) superano la soglia del 60%, offrendo un’ampia gamma di funzionalità.
All’estremo opposto, in Abruzzo e Calabria, i servizi accessibili tramite il Fse si fermano all’8%. “L’assenza di un’integrazione completa dei servizi, soprattutto nelle Regioni del Sud – osserva Cartabellotta – riduce il potenziale del Fse come strumento di innovazione e accessibilità ai servizi sanitari, limitando le opportunità per i cittadini di beneficiare di una sanità realmente digitale”.
Ancora basso il consenso dei cittadini. Al 31 agosto 2024 (per il Friuli Venezia Giulia i dati sono al 31 marzo 2024),
a livello nazionale solo il 41% degli assistiti ha espresso il consenso alla consultazione dei propri documenti sanitari da parte di medici e operatori del Ssn
in linea con le finalità del suddetto Dm 7 settembre 2023. Con marcate differenze regionali: dall’89% dell’Emilia-Romagna, seguita da Pa Trento (87%), Friuli Venezia Giulia (86%) e Veneto (84%), all’8% del Lazio, al 4% della Basilicata fino all’1% di Abruzzo, Calabria, Campania e Molise. Per il presidente Gimbe “è fondamentale rassicurare i cittadini sulla sicurezza dei dati personali e sull’utilità concreta del Fse. Senza un intervento mirato in questa direzione, gli sforzi compiuti dai servizi sanitari regionali rischiano di essere vanificati”.
Ricetta bianca dematerializzata. A partire dal 2025, un’importante innovazione è destinata a incrementare ulteriormente l’uso del Fse: la dematerializzazione della ricetta bianca, grazia alla quale anche le prescrizioni non a carico del Ssn saranno disponibili in formato elettronico e gestibili direttamente attraverso il Fse. “Sebbene rimanga per il paziente la possibilità di ricevere la ricetta via email, WhatsApp o di ritirare il farmaco direttamente in farmacia tramite il proprio codice fiscale – assicura Cartabellotta -, il Fse diventerà il fulcro di una gestione completa, sicura e trasparente delle prescrizioni mediche”.
Ridurre le diseguaglianze. A questo fine, osserva il presidente Gimbe, “è
indispensabile un nuovo patto nazionale per la sanità digitale,
che coinvolga Governo e amministrazioni regionali. Senza un piano di integrazione nazionale, rischiamo di generare nuove diseguaglianze in un sistema sanitario che già viaggia a velocità diverse, dove tecnologia e innovazione rimangono accessibili solo a una parte della popolazione” escludendo proprio chi più dovrebbe beneficiare della trasformazione digitale: “Anziani, persone sole, residenti in aree isolate o disagiate, di basso livello socio culturale”. Di qui la necessità di misure concrete per migliorare l’alfabetizzazione digitale di cittadini, pazienti, caregiver, familiari e professionisti sanitari, rafforzare le infrastrutture digitali e standardizzare le procedure di accesso. Per Cartabellotta è insomma fondamentale “superare con iniziative di formazione e sensibilizzazione la scarsa alfabetizzazione digitale di una parte significativa dei cittadini e i timori legati alla privacy dei dati personali, oggi ostacoli rilevanti ad una sua adozione diffusa”.