Sanità. Al Sud servizi carenti e condizioni peggiori. L’autonomia differenziata aggraverà le disuguaglianze

Presentato a Roma il Report Svimez “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute”. Al Sud peggiori condizioni sanitarie, meno prevenzione e speranza di vita, più mortalità. E' fuga per curarsi al Nord, mentre la povertà sanitaria riguarda 1,6 milioni di famiglie, 700mila delle quali nel Mezzogiorno. E l'autonomia differenziata aggraverà le disuguaglianze territoriali

Foto Svimez

Il diritto alla salute non è uguale per tutti. Al Sud i servizi di prevenzione e cura sono infatti più carenti, è minore la spesa pubblica sanitaria e maggiori sono le distanze da percorrere per ricevere assistenza, soprattutto per le patologie più gravi. Aumentare la spesa sanitaria è la priorità nazionale, ma andrebbe inoltre corretto il metodo di riparto regionale del Fondo sanitario nazionale per tenere conto dei maggiori bisogni di cura nei territori a più elevato disagio socio-economico. E l’autonomia differenziata rischia di ampliare le disuguaglianze nelle condizioni di accesso al diritto alla salute. Queste, in estrema sintesi, le principali considerazioni emerse dal Report Svimez Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute, presentato oggi a Roma in collaborazione con Save the Children.

Divari territoriali fin dalla nascita. Per Save the Children, le disuguaglianze sono evidenti già dalla nascita. Nonostante l’eccellenza del nostro Ssn, secondo gli ultimi dati Istat disponibili,

il tasso di mortalità infantile (entro il primo anno di vita) era di 1,8 decessi ogni 1.000 nati vivi in Toscana, ma era quasi doppio in Sicilia (3,3) e più che doppio in Calabria (3,9).

Ssn e spesa pubblica. Dopo l’emergenza Covid, i divari territoriali Nord-Sud sono aumentati in un contesto di generalizzata debolezza del Ssn che, nel confronto europeo, risulta sottodimensionato per stanziamenti di risorse pubbliche,

in media 6,6% del Pil contro il 9,4% di Germania e l’8,9% di Francia,

a fronte di un contributo privato comparativamente elevato (24% della spesa sanitaria complessiva, quasi il doppio di Francia e Germania). Per quanto riguarda i dati regionalizzati di spesa sanitaria, dal Report emerge che a fronte di una media nazionale di 2.140 euro, la spesa corrente più bassa si registra in Calabria (1.748 euro), Campania (1.818 euro), Basilicata (1.941 euro) e Puglia (1.978 euro). Per la parte di spesa in conto capitale, i valori più bassi si ravvisano in Campania (18 euro), Lazio (24 euro) e Calabria (27 euro), mentre il dato nazionale si attesta su una media di 41 euro.

Foto SIR

Povertà sanitaria. In Italia colpisce 1.6 milioni di famiglie, di cui 700mila al Sud dove la quota la povertà sanitaria riguarda l’8% dei nuclei familiari, percentuale doppia rispetto al 4% del Nord-Est (5,9% al Nord-Ovest, 5% al Centro).

Speranza di vita. Nel 2022, la speranza di vita alla nascita per i cittadini del Sud era di 81,7 anni, 1,3 anni in meno del Centro e del Nord-Ovest, 1,5 rispetto al Nord-Est. Nel Mezzogiorno, inoltre, si fa meno prevenzione oncologica. Secondo l’Istituto superiore di sanità (Iss), nel biennio 2021-2022, in Italia circa il 70% delle donne di 50-69 anni si è sottoposta ai controlli: circa due su tre lo ha fatto aderendo ai programmi di screening gratuiti. La copertura complessiva è dell’80% al Nord, del 76% al Centro, ma scende ad appena il 58% nel Mezzogiorno.

“Fuga” dal Sud. Soprattutto per le patologie più gravi, in Italia si assiste ad una vera e propria “fuga” dal Sud per ricevere assistenza in strutture sanitarie del Centro e del Nord. Nel 2022, si legge nel Report, dei 629 mila migranti sanitari (volume di ricoveri), il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno. Per le patologie oncologiche, 12.401 pazienti meridionali, pari al 22% del totale dei pazienti, si sono spostati per ricevere cure in un Ssr del Centro o del Nord nel 2022. Save the Children evidenzia numeri crescenti anche nelle migrazioni sanitarie pediatriche da Sud verso il Centro-Nord. L’indice di fuga – ovvero il numero di pazienti pediatrici che vanno a farsi curare in una regione diversa da quella di residenza – nel 2020 si attesta in media all’8,7% a livello nazionale. In particolare, un terzo dei bambini e degli adolescenti si mette in viaggio dal Sud per ricevere cure per disturbi mentali o neurologici, della nutrizione o del metabolismo nei centri specialistici convergendo principalmente a Roma, Genova e Firenze, sedi di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) pediatrici.

L’autonomia differenziata aggraverà le disuguaglianze interregionali.

E’ la preoccupazione espressa da tutti i partecipanti alla presentazione del Report. “Tutte le Regioni a statuto ordinario – è stato spiegato – potrebbero richiedere il trasferimento di funzioni, risorse umane, finanziarie e strumentali ulteriori rispetto ai Lea in un lungo elenco di ambiti: gestione e retribuzione del personale, regolamentazione dell’attività libero-professionale, accesso alle scuole di specializzazione, politiche tariffarie, valutazioni di equivalenza terapeutica dei farmaci, istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi”. Tutto questo, “in un contesto in cui i Lea non hanno copertura finanziaria integrale a livello nazionale e cinque delle otto Regioni del Mezzogiorno risultano inadempienti, determinerebbe una ulteriore differenziazione territoriale delle politiche pubbliche in ambito sanitario”.

Per il direttore generale della Svimez, Luca Bianchi, “rafforzare la dimensione universale del Sistema sanitario nazionale è la strada per rendere effettivo il diritto costituzionale alla salute. Una direzione opposta a quella che invece si propone con l’autonomia differenziata dalla quale deriverebbero ulteriori ampliamenti dei divari territoriali di salute e una conseguente crescita della mobilità di cura”. “E’ necessario – afferma Raffaela Milano, responsabile dei Programmi Italia-Europa di Save the Children – un impegno delle istituzioni a tutti i livelli per assicurare una rete di servizi di prevenzione e cura per l’infanzia e l’adolescenza all’altezza delle necessità, con un investimento mirato nelle aree più deprivate. Occorre conoscere e superare i divari territoriali che oggi condizionano l’accesso ad un servizio sanitario che rischia di essere ‘nazionale’ solo sulla carta”.

“Il nostro Ssn è ormai profondamente indebolito e segnato da inaccettabili diseguaglianze regionali. E

con l’attuazione delle maggiori autonomie in sanità si legittimerà normativamente la ‘frattura strutturale’ Nord-Sud”,

l’analisi di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. Così, prosegue “il Meridione sarà sempre più dipendente dalla sanità del Nord, minando l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute”. Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, rileva “una frammentazione che si aggiunge alle disuguaglianze Sud-Nord poiché riguarda questioni diffuse come la desertificazione dei professionisti e dei servizi”. In questo quadro, la riforma della autonomia differenziata, “senza la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, dà come unica certezza quella di amplificare questa frammentazione e di consegnarci un Paese ulteriormente diviso nella garanzia del diritto alla salute”.

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