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Neonata nella scatola da scarpe: qualcuno ha fatto in modo che lo sguardo andasse su di lei

La neonata, trovata dentro una scatola da scarpe posta sopra il cofano di un’auto parcheggiata davanti all’ospedale San Gerardo di Monza, nonostante tutto, è stata fortunata due volte: la sua mamma l’ha portata alla luce e in tanti se ne stanno prendendo cura, anzi, di più, vogliono adottarla. Come se fosse un po’ figlia di tutti. Chi l’ha messa lì, voleva salvarla, voleva che qualcuno, vedendola, l’accogliesse e la proteggesse. Ma come non interrogarci su quella moltitudine di bambini ai quali viene impedito di nascere?

(Foto ANSA/SIR)

La neonata, trovata dentro una scatola da scarpe posta sopra il cofano di un’auto parcheggiata davanti all’ospedale San Gerardo di Monza, nonostante tutto, è stata fortunata due volte: la sua mamma l’ha portata alla luce e in tanti se ne stanno prendendo cura, anzi, di più, vogliono adottarla. Come se fosse un po’ figlia di tutti.

Certo, si stringe il cuore pensando al gesto di chi – probabilmente la madre – non potendo accudire la bimba l’ha lasciata esposta alla sorte. Chissà che storia, che disagi, che paure, chissà quale situazione ha spinto a un simile gesto. Non si può non invocare misericordia e non si può non avere tenerezza per quella madre. Se leggiamo bene quel gesto, non vediamo un abbandono, ma un grido di aiuto: la piccola neonata, sotto una copertina fiorita, dentro una scatola, è stata messa in vista davanti a un ospedale, luogo dell’assistenza e della cura, ed esattamente davanti al pronto soccorso ostetrico. Chi l’ha messa lì, voleva salvarla, voleva che qualcuno, vedendola, l’accogliesse e la proteggesse. È giusto interrogarci, come sta accadendo in queste ore, per fare in modo che la maternità sia sostenuta, circondata da condivisione e solidarietà affinché mamma e bambino possano stare insieme serenamente prima e dopo la nascita. Ma come non interrogarci su quella moltitudine di bambini ai quali viene impedito di nascere? Bambini che la società, anche nella dimensione delle leggi e della politica, non vuole vedere – ma che esistono -, bambini che vengono scartati in nome di falsi diritti e di una interpretazione corrotta della libertà. Anche loro, ha detto Papa Francesco, “sono figli di tutta la società, e la loro uccisione in numero enorme, con l’avallo degli Stati, costituisce un grave problema che mina alle basi la costruzione della giustizia, compromettendo la corretta soluzione di ogni altra questione umana e sociale” (2 febbraio 2019).

Dovrebbe essere maggiormente diffusa la conoscenza della rete dei Centri di aiuto alla vita (si trovano in ogni regione, isole comprese, e spesso sono abbinati a case di accoglienza) e dei servizi Progetto Gemma e Sos Vita. Si deve poi sapere che esiste la possibilità di partorire in anonimato in modo che la mamma dia alla luce il suo bambino in ospedale ricevendo cura e assistenza, e così tutelare sia lei che il figlio. Devono poi essere note le sedi dove sono installate le “culle per la vita”.

In sostanza la questione è tutta qui: nello sguardo che riconosce l’umanità dell’altro o nel rifiuto dello sguardo. La neonata è stata vista perché qualcuno ha fatto in modo che lo sguardo andasse su di lei. Di qui l’accoglienza. È necessario portare tutta la società allo sguardo anche sui piccolissimi bambini concepiti e rifiutati con l’aborto – chirurgico, farmacologico, chimico – ma anche selezionati, congelati, resi oggetto di sperimentazioni distruttive: è il compito di quanti si riconoscono nella cultura della vita.

Un grande benvenuto alla piccola bimba di Monza. Tanti auguri a lei e un commosso pensiero alla sua mamma che speriamo sappia che sua figlia sta bene ed è stata amorevolmente accolta.

 

(*) presidente Movimento per la Vita

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