Amianto. A 30 anni dalla legge che l’ha messo al bando ancora troppi continuano ad ammalarsi e morire

Oggi, 28 aprile, nel giorno in cui in tutto il mondo si ricordano le vittime della “fibra killer” ricorre il trentennale della legge 257/1992 con la quale in Italia si introdussero a livello nazionale le prime “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. A Casale Monferrato, riconosciuta capitale mondiale della lotta, così come in altre città sono in programma iniziative per ricordare l’importanza di continuare l’impegno per la giustizia, la ricerca scientifica e la bonifica

(Foto: Alberto Baviera/Sir)

Esattamente 30 anni fa entrava in vigore la legge che ha introdotto in Italia le “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Il nostro Paese, anticipando di 13 anni il divieto emanato dall’Unione europea, metteva così al bando tutti i prodotti contenenti amianto, vietando l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di amianto e di prodotti che lo contenevano, secondo un programma di dismissione il cui termine ultimo veniva fissato al 28 aprile 1994. Ma a Casale Monferrato, la cittadina piemontese che ospitava lo stabilimento Eternit più grande d’Europa e che negli anni venne riconosciuta capitale mondiale della lotta all’amianto, il 2 dicembre 1987 l’allora sindaco Riccardo Coppo firmò la storica ordinanza con la quale ne vietò l’impiego sul territorio comunale.

(Foto: Alberto Baviera/Sir)

Nel trentennale della legge 257 del 1992, approvata appena prima che la X legislatura terminasse e gli italiani fossero chiamati alle urne per rinnovare il Parlamento, poco più di un mese fa ministero della Salute e Istituto superiore di sanità hanno analizzato in un convegno priorità e prospettive della lotta all’amianto. Secondo “Le stime della mortalità per malattie amianto-correlate in Italia” fornite da Lucia Fazzo del dipartimento Ambiente e salute dell’Iss,

tra il 2010 e il 2016 nel nostro Paese, in media sono stati stimati 4.410 decessi all’anno attribuibili ad esposizione ad amianto

(3.860 maschi e 550 femmine); in particolare 1.515 ogni anno sono causati da mesotelioma maligno (più dell’80% dei quali dovuti all’amianto), 58 da asbestosi (malattia polmonare causata da inalazione di fibre di amianto), 2.830 da tumore polmonare e 16 da tumore ovarico. Nella presentazione della Fazzo si afferma inoltre che “è stato evidenziato un rilevante carico di patologie amianto-correlate nella popolazione italiana, a distanza di 17-25 anni dal bando dell’amianto, che richiede adeguati interventi di prevenzione, diagnosi, terapia, assistenza, sostegno psicologico e sicurezza sociale, in particolare per gli ex-esposti, i loro familiari, nonché per i soggetti attualmente a rischio di esposizione”.

L’Istituto superiore di sanità ha anche analizzato i dati sulla mortalità precoce (prima dei 50 anni) per mesotelioma: in Italia, sono stati circa 500 i decessi registrati nel periodo 2003-2016. “Si tratta verosimilmente – ha osservato l’Iss – di persone che da bambini hanno vissuto in aree italiane contaminate da amianto e/o che sono stati esposti indirettamente a fibre di amianto in ambito domestico a causa delle attività professionali dei genitori o connessa ad attività ricreative. Questi casi rappresentano il 2,5% del totale dei decessi per mesotelioma nello stesso periodo”.

Stando ai dati raccolti dal Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam) presso l’Inail e pubblicati nel settimo rapporto diffuso negli scorsi mesi,

i casi di mesotelioma maligno diagnosticati nel periodo 1993-2018 sono stati in Italia 31.572, il 56,7% dei quali ha riguardato residenti in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. In media si tratta di almeno 1.214 casi l’anno, con un picco che si è registrato nel 2013 quando le diagnosi sono state 1.835. Ma, si legge nel rapporto, per quanto riguarda alcune Regioni “la rilevazione non può considerarsi esaustiva dei casi incidenti”.

Relativamente alle modalità di esposizione, dal report emerge che sono state approfondite per 24.864 casi (78,8%): in particolare, il 69,1% dei casi riguarda un’esposizione professionale (certa, probabile, possibile), il 5,1% familiare, il 4,3% ambientale, l’1,5% un’attività di svago o hobby. “Per il 20% dei casi l’esposizione è improbabile o ignota”, si legge nel documento, nel quale viene rilevato che “la percentuale di casi di mesotelioma, quindi, per i quali l’analisi anamnestica ha rilevato un’esposizione ad amianto lavorativa, ambientale, familiare, o a causa di attività ricreative è, sull’intero set di dati, pari all’80%”.

Nel Monferrato, la mortalità per mesotelioma negli ultimi anni è scesa a 40-45 casi l’anno a Casale e a 15-20 nei 47 Comuni circostanti compresi nel Sito di interesse nazionale (Sin) sottoposto a bonifiche. Inizialmente previsto per il 2020, il picco dei decessi è ora atteso nel 2025. Ma, dai casi registrati in questi ultimi anni, “si spera sia l’inizio di una discesa continua, legata alle bonifiche iniziate ormai da quasi quattro decenni”, commenta Assunta Prato, dell’Afeva (Associazione familiari e vittime amianto) di Casale Monferrato e vedova di Paolo Ferraris, politico casalese morto oltre 25 anni fa di mesotelioma.

Assunta Prato con gli studenti di Casale Monferrato durante un’attività ripresa dalla tv svizzera (Foto: Alberto Baviera/Sir)

Fu proprio lui che a metà degli anni ’90, da assessore regionale, quando ancora non era consapevole della malattia che lo aveva colpito, fece destinare i primi tre miliardi di lire per la bonifica in città. “A Casale – spiega Prato – la lotta di tante persone ha permesso di raggiungere risultati altrove impensabili nella ricerca di giustizia, nella realizzazione della bonifica, nella ricerca di una cura per il mesotelioma”. “A questi che sono gli obiettivi storici dell’Afeva – prosegue – si è sempre affiancata l’idea di trasmettere alle nuove generazioni quanto imparato da una tragedia immane che è costata tanto dolore.

Da anni si coinvolgono le scuole in percorsi di conoscenza di quanto è avvenuto e di approfondimento di altri temi ambientali, la consapevolezza dei quali oggi deve entrare nel patrimonio di competenze di ogni studente. La vicenda dell’amianto è diventata un paradigma per capire che è indispensabile orientare le scelte individuali e sociali in modo eticamente sostenibile, dove il profitto non sia l’unico valore di riferimento”.

Proprio in questo solco, oggi, nel corso delle iniziative per la Giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto, viene proiettato al Castello di Casale Monferrato il video del flashmob “Liberi di respirare” che si è svolto nei giorni scorsi al Parco Eternot – l’area verde pubblica che occupa la superficie sulla quale insisteva lo stabilimento dell’Eternit – e che ha visto la partecipazione di oltre 800 studenti degli istituti scolastici aderenti alla Rete ScuoleInsieme che da anni coinvolge tutti gli alunni di ogni ordine e grado della città in progetti di conoscenza e consapevolezza della storia dell’Eternit, della pericolosità dell’amianto e della necessità di tutelare l’ambiente. “Alle prime due A di amianto e ambiente – sottolinea Adriana Canepa, docente di latino e greco e coordinatrice della Rete – abbiamo voluto aggiungere la A di accoglienza, con l’idea che ci ricordiamo in un gesto pubblico della guerra in Ucraina”.

(Foto: Alberto Baviera/Sir)

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