Scuola cattolica. Kaladich (Fidae): “La sfida da affrontare è grande: il futuro delle nuove generazioni”

“Il nuovo Patto educativo globale è più che mai necessario per cucire gli strappi che questa pandemia sta creando e per lavorare tutti insieme per un nuovo modello di educazione, più inclusiva e in dialogo con quanti hanno a cuore il bene comune”, ci dice la presidente nazionale, da poco rieletta

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Rendere la scuola sempre più a misura dei nostri ragazzi, accompagnandoli a 360 gradi per aiutarli ad affrontare la vita”, facendo “squadra”, senza lasciarsi scoraggiare dall’emergenza Covid, e partendo “dalle 3P: Patto educativo globale, pastorale scolastica, progettare il futuro”. Sono le sfide che attendono la Fidae, nelle parole al Sir della sua presidente nazionale, Virginia Kaladich, rieletta all’unanimità al termine di Convegno nazionale che si è tenuto a Roma, dal 24 al 27 novembre. Guiderà la Federazione istituti di attività educative per il prossimo triennio.

(Foto Vatican Media/SIR)

Presidente Kaladich, quali sfide attendono la Fidae nel prossimo triennio?

Qualsiasi obiettivo ci poniamo davanti, anche quello apparentemente più semplice, non lo potremo mai raggiungere se non siamo capaci di fare squadra, di lavorare insieme mettendo da parte i piccoli egoismi e i personalismi che in passato hanno bloccato tante idee e tanti slanci. Le sfide che ci attendono sono ancora legate all’emergenza causata dalla pandemia che però non ci deve far scoraggiare, perché vogliamo prendere il buono anche da questa crisi e cogliere le occasioni di cambiamento che ci presenta: noi vogliamo ripartire da quelle che chiamiamo 3P che per noi sono il “Patto globale”, che significa puntare sulla formazione per l’insegnamento dell’educazione civica e l’educazione al volontariato; poi vorremmo implementare l’educazione ambientale e anche la “pastorale scolastica” in ogni classe, perché ci sentiamo anche noi Chiesa al servizio della Chiesa. L’altro elemento è quello di “progettare insieme il futuro”, che significa puntare su sistemi didattici innovativi e tante esperienze già sono avviate, negli eventi dei giorni scorsi per esempio abbiamo approfondito l’outdoor education, una modalità di insegnamento che supera la fissità dell’insegnamento da cattedra a banco e che punta a valorizzare le bellezze naturalistiche, architettoniche e archeologiche del nostro Paese che è davvero un museo a cielo aperto. Tra le innovazioni anche l’apprendimento tramite il dibattito e poi un approfondimento sulla leadership condivisa e sull’Erasmus plus su cui quest’anno abbiamo puntato molto. L’ultimo macro tema intorno a cui abbiamo riunito alcuni obiettivi per quest’anno scolastico è il prendersi cura, che significa peer education, e poi una maggiore inclusione, perché la scuola non può essere il luogo dove si ampliano le barriere e le diseguaglianze, ma dove si azzerano.

Quali sono state le maggiori difficoltà che vi siete trovati ad affrontare negli ultimi anni e come superarle?

Le difficoltà degli ultimi due anni sono state quelle legate all’emergenza, anche se devo dire che fin dai primi giorni di marzo del 2020 tutti ci siamo rimboccati le maniche per affrontare un’emergenza che ci ha cambiati profondamente. È stato complicato non vedersi, non vedere i ragazzi e nonostante questo cercare di instaurare una relazione anche attraverso lo schermo di un pc o di un tablet, sforzarsi di garantire una qualità alta dell’insegnamento e anche valutare il loro percorso durante i mesi in quarantena. Con il passare del tempo abbiamo preso il via, ci siamo dati delle regole che poi abbiamo trasferito in una Prassi di riferimento per la Dad e la didattica mista valida per tutte le scuole e più in generale devo dire che

tante difficoltà ci hanno cambiato in meglio: per esempio quel salto digitale che forse i docenti avrebbero dovuto fare già da qualche anno è stato fatto nel giro di pochi mesi.

Devo però dire che c’è stato il rammarico per come siamo stati trattati dalle istituzioni: abbiamo dovuto lottare e farci sentire in Parlamento affinché gli aiuti Covid arrivassero anche alle paritarie e lo dico con rammarico perché avevamo la speranza che almeno nell’emergenza si potessero appianare certe prese di posizione ideologiche che invece abbiamo visto resistere perfino al virus.

Il Covid fa ancora paura, soprattutto ora che inizia a diffondersi anche tra i più piccoli. Siete pronti a gestire eventuali emergenze? E come?

Questi due anni ci hanno insegnato molto: voglio anche dire che il virus nelle nostre scuole e più in generale, nella scuola, è circolato pochissimo, perché tutto il personale, i docenti e i ragazzi hanno rispettato dei protocolli molto rigidi e poi, non lo dobbiamo dimenticare, gli insegnanti sono la categoria di lavoratori con il più alto tasso di vaccinati. Certo, i ragazzi si vedono anche al di fuori, soprattutto prendono i mezzi, che non mi pare siano molto controllati, insomma, se ci vogliono regole molto stringenti per le scuole ma poi le stesse regole non ci sono al di fuori, si rischia di rendere vani anche i nostri sforzi.

Come rendere le vostre scuole a misura dei ragazzi?

Le nostre scuole devono accompagnare i ragazzi a 360 gradi, l’insegnamento è qualcosa in più che la semplice trasmissione di saperi,

c’è anche quella componente naturalmente, ma poi bisogna saper guardare dentro ad ogni studente, capirne inclinazioni, debolezze e punti di forza perché sappiano anche capire quale può essere la strada da intraprendere: avremo fatto il nostro lavoro se i ragazzi saranno pronti ad affrontare la vita.

Qual è il ruolo della scuola cattolica oggi, considerando anche il cammino sinodale intrapreso anche dalla Chiesa italiana e il nuovo Patto globale per l’educazione voluto da Papa Francesco?

Il nuovo Patto educativo globale è più che mai necessario per cucire gli strappi che questa pandemia sta creando e per lavorare tutti insieme per un nuovo modello di educazione, più inclusiva e in dialogo con quanti hanno a cuore il bene comune. Le scuole cattoliche nelle singole Chiese locali sono espressione dei carismi dello Spirito Santo, del volto bello della santità dei figli di Dio, che hanno come unico obiettivo la cura del popolo di Dio.

Dobbiamo essere protagonisti di speranza diventando l’ambiente nel quale la comunità educante sperimenta attenzione, ascolto, umiltà e cura.

La scuola cattolica si propone come un fedele compagno di viaggio nel rileggere le esperienze vissute alla luce della fede, individuando quali domande le esperienze stesse contengano e chiedano di essere affrontate. La cura pastorale della scuola cattolica si esprime nel guardare a Gesù di Nazareth come alla luce che illumina i valori autentici dell’esistenza umana.

Quanto è importante fare rete e alleanze educative?

Chi entra a far parte della scuola, allievi, docenti, personale scolastico, genitori, se non teme di aggregarsi, crea quella fecondità che fa crescere se stessi e gli altri. Nessuno si salva da solo, il Papa ce lo ha ripetuto spesso ma dobbiamo dare concretezza a questa spinta e metterci davvero insieme, come ho già detto, fare squadra e remare insieme verso la stessa direzione.

La sfida da affrontare è grande: il futuro delle nuove generazioni.

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