Festa del Cinema: la disabilità raccontata con il sorriso in “Crazy for Football” con Sergio Castellitto. In cartellone anche l’indonesiano “Yuni”

Si ride con sensibilità e intelligenza nel film “Crazy for Football. Matti per il Calcio” di Volfango De Biasi, commedia italiana in anteprima alla 16ª Festa del Cinema di Roma, martedì 19 ottobre. Ispirato a una storia vera, il film mette a tema l’incontro-scontro tra giovani con disabilità mentale e il mondo del calcio. Nel cast uno strepitoso Sergio Castellitto. Alla Festa del Cinema è anche il giorno del dramma indonesiano “Yuni” di Kamila Andini, passato in concorso al Festival di Toronto

(Foto Ufficio stampa)

Si ride con sensibilità e intelligenza nel film “Crazy for Football. Matti per il Calcio” di Volfango De Biasi, commedia italiana in anteprima alla 16ª Festa del Cinema di Roma, martedì 19 ottobre. Ispirato a una storia vera, il film targato Rai – in onda in prima serata su Rai Uno il 1° novembre – mette a tema l’incontro-scontro tra giovani con disabilità mentale e il mondo del calcio: un racconto dove lo sport si fa occasione di inclusione e superamento di barriere. Nel cast uno strepitoso Sergio Castellitto. Alla Festa del Cinema è anche il giorno del dramma indonesiano “Yuni” di Kamila Andini, passato in concorso al Festival di Toronto: il ritratto di un’adolescente che scommette sullo studio per guadagnare l’indipendenza. Il punto Cnvf-Sir.

“Crazy for Football. Matti per il Calcio”

Una commedia che fa bene all’animo. Parliamo di “Crazy for Football. Matti per il Calcio” di Volfango De Biasi, un film Tv targato Rai Fiction e tratto da una storia vera, l’intuizione dello psichiatra Santo Rullo di promuovere la nascita della Nazionale di calcio a cinque composta da persone con disabilità mentale; la storia è stata già raccontata dallo stesso De Biasi in un documentario vincitore nel 2017del David di Donatello. A distanza di quasi cinque anni questa vicenda di riscatto e amicizia diventa un’opera di finzione per la Tv con protagonisti Sergio Castellitto, Max Tortora, Antonia Truppo e Angela Fontana.
Roma oggi, Saverio Lulli (Castellitto) è uno psichiatra cinquantenne con una lunga esperienza con giovani e adulti con disabilità mentale. Saverio è guardato con sospetto dai colleghi perché si serve di metodi poco ortodossi, puntando soprattutto sui benefici dello sport e del gioco di squadra. Nonostante gli vengano negati dei fondi di finanziamento, Saverio mette in piedi una coppa del mondo per squadre di calcio a cinque composte da persone con disabilità. Chiede così all’amico Vittorio Zaccardi (Max Tortora), un ex calciatore professionista con problemi di ludopatia, di assemblare il team italiano e di prepararlo alla gara. A favore dell’impresa ci sono anche l’infermiera Paola (Antonia Truppo) e la figlia di Saverio, Alba (Angela Fontana).
Una bella sorpresa “Crazy for Football. Matti per il Calcio”, commedia che si inserisce nell’ormai nutrito filone cinematografico che racconta la disabilità attraverso la leggerezza dell’umorismo, senza però rinunciare a sguardi sociali di senso. Muovendosi sul medesimo binario di opere come “Si può fare” (2008), “Ho amici in Paradiso” (2017), “Tutto il mio folle amore” (2019) e “Mio fratello rincorre i dinosauri” (2019), il film di Volfango De Biasi ci consegna un’istantanea della nostra società inclusiva e solidale. Il racconto dell’azzardo di un medico controcorrente, che incurante dei pregiudizi si mette in gioco per regalare ai suoi ragazzi un orizzonte di possibilità. Ci ricorda che ciascuno ha il diritto a una vita piena, anche (e soprattutto) i più fragili, e che lo sport – come del resto l’arte – può aiutare a favorire tale percorso. Punto di forza di “Crazy for Football. Matti per il Calcio”, al di là di un copione ben scritto e di una regia agile e convincente, è il cast tutto. In primis elogi diffusi a Sergio Castellitto, che conferma il suo talento nel cesellare i personaggi e nel portare loro grande umanità, spessore. Applausi poi al sempre efficace Max Tortora, dall’ironia irriverente e spumeggiante, come pure agli attori che prestano il volto ai giovani con disabilità: non macchiette stereotipate ma interpretazioni incisive e rispettose, illuminate da un umorismo controllato e non gratuito. Nell’insieme, il film di Volfango De Biasi sa coinvolgere con divertimento frizzante e acuto; una bella suggestione a sfondo sociale. Dal punto di vista pastorale “Crazy for Football. Matti per il Calcio” è consigliabile, problematico e per dibattiti.

“Yuni”

Vincitore del Platform Prize al Festival di Toronto nel 2021, il film “Yuni” della regista indonesiana Kamila Andini ci conduce nelle pieghe dell’animo di un’adolescente al crocevia dell’età adulta, una giovane donna che si batte per lo studio e l’indipendenza, contro le rigide regole sociali che la vogliono sposata e sistemata il prima possibile. “Questo film – racconta la regista – è ispirato a una poesia famosa in Indonesia dal titolo ‘La pioggia di giugno’ di Sapardi Djoko Damono. Una pioggia che cade nella stagione sbagliata”. E in effetti appare proprio come una storia sbagliata quella della protagonista Yuni, una vita ingiustamente scartata. Indonesia oggi, Yuni è un’adolescente dagli ottimi voti che sogna di poter andare all’università, nonostante le umili origini. Fa di tutto, pertanto, per potersi guadagnare una borsa di studio e vincere così le barriere socio-economiche che la bloccano. Nel corso dell’ultimo anno di scuola Yuni, ormai donna, riceve più di una proposta di matrimonio, che però declina. La giovane sogna la propria indipendenza così come un legame sentimentale autentico e non nel segno della convenienza. Il suo cammino è purtroppo in salita…
Non si può non apprezzare il realismo con cui la regista Kamila Andini racconta il suo Paese, il ritratto di una giovane donna che desidera mettere in moto l’ascensore sociale puntando non su un matrimonio programmato ma sulla sua intelligenza e le sue capacità. I retaggi della società rimangono rigidi e non poco opprimenti, e le donne devono fronteggiare ancora molte difficoltà prima di poter abbracciare una piena parità. Se da un lato, dunque, si apprezza tale sguardo realista della regista, che non rinuncia a riprese marcate da pennellate di sentimento, facendo un lavoro introspettivo sulla protagonista, dall’altro non si possono ignorare alcune incertezze narrative o lungaggini, per non parlare di uno scivolamento finale in una vertigine di dolore e amara sconfitta, che risulta come una soluzione brusca e sbrigativa: invece di incrementare pathos finisce per disperderlo. Peccato. Il film è complesso, problematico e per dibattiti.

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