Care leaver. Zullo (Agevolando): “Il Covid-19 ha reso ancora più complicato il percorso all’autonomia”

“Oggi, per la pandemia, la situazione è difficile ma solo alla vera ripartenza potremo impegnarci per superare criticità, trovare soluzioni, fare proposte, ideare qualcosa che possa garantire più facilmente lavoro” ai neo maggiorenni fuori famiglia, garantisce il presidente di Agevolando

Per adolescenti e giovani il tempo segnato dal Covid è stato molto difficile, si è tradotto in tante rinunce, prima tra tutte alla socialità, ma anche in uno stop a sogni e progetti di studio e di lavoro. C’è chi, però, tra loro ha dovuto sopportare un peso maggiore, perché già ferito dalla vita. Parliamo dei care leaver, ragazzi fuori famiglia che vivono o hanno vissuto un periodo della vita “fuori famiglia” (in casa-famiglia, comunità per minorenni, affido) e che a 18 anni, scadendo la tutela legata al loro status di minorenni, sono obbligati a lasciare il sistema di accoglienza e a diventare autonomi. Ne parliamo con Federico Zullo, presidente di Agevolando, un’organizzazione di volontariato che lavora con e per i ragazzi in uscita dai percorsi di accoglienza “fuori famiglia” – care leaver, appunto – per promuoverne l’autonomia, il benessere psicofisico e la partecipazione attiva, a pochi giorni dal Care leaver day, il 18 maggio.

I care leaver ora, anche grazie ad Agevolando, sono meno “invisibili”…

Un tempo non si parlava molto di care leaver, cioè i giovani che concludono o stanno concludendo un percorso fuori famiglia e si accingono a diventare adulti, quindi a costruire un futuro in autonomia, piuttosto che a rientrare in famiglia dove, tante volte, la situazione è ancora difficile: Ma da 10 anni a questa parte le cose sono cambiate: c’è stato un movimento importante a livello culturale, nei servizi, nella presa di coscienza da parte dei protagonisti diretti, anche con la nascita di Agevolando, con un lavoro di advocacy, per portare la voce dei ragazzi fino alle istituzioni locali, regionali, nazionali. Agevolando ha favorito la nascita del

“Care leavers network”, una rete di ragazzi tra i 16 e i 24 anni che vivono o hanno vissuto un periodo della vita “fuori famiglia”, coinvolti in un percorso di partecipazione e cittadinanza attiva.

Altre organizzazioni, insieme con Agevolando, si sono messe in rete affinché a livello politico centrale ci fosse una presa di coscienza della necessità di migliorare il sistema di accompagnamento di questi ragazzi dopo il diciottesimo anno di età. Queste istanze sono arrivate in Parlamento e al Governo. Nel 2017 durante la prima conferenza nazionale del network i ragazzi hanno presentato le loro raccomandazioni e questo ha permesso di realizzare

un fondo nazionale per i care leaver che ha portato a una sperimentazione tuttora in atto.

L’obiettivo è offrire opportunità dal punto di vista formativo e lavorativo, abitativo e relazionale ai neo maggiorenni di età compresa tra i 18 e 21 anni. Restano, però, due criticità.

Quali?

Innanzitutto, la sperimentazione è riservata solo a una categoria di care leaver, cioè quelli che vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento del Tribunale per i minorenni, ovvero bambini e ragazzi che sono stati allontanati per problematiche familiari. Ma, in questo modo, sono esclusi i minori stranieri non accompagnati. Il secondo aspetto problematico riguarda, invece, anche la categoria di care leaver coinvolta nel progetto, perché al momento è una sperimentazione che riguarda solo alcuni.

I care leaver neo maggiorenni si trovano, quindi, ad affrontare più presto le difficoltà.

Rispetto ai loro coetanei che hanno una famiglia alle spalle, hanno la necessità di autogestirsi, essere autonomi, avere una casa e un lavoro per mantenersi e proprio per questo con maggiori difficoltà a completare il percorso di studi. Tutto ciò li rende comunque svantaggiati rispetto agli altri giovani sostenuti dalle loro famiglie, che hanno maggiore facilità a laurearsi e hanno anche la possibilità di temporeggiare prima di iniziare a lavorare. I care leaver, invece, non possono permettersi di sbagliare, paradossalmente proprio loro che partono già con maggiori vulnerabilità e minori risorse relazionali, alcuni che hanno anche subito traumi familiari e personali, hanno meno opportunità.

Malgrado le loro storie faticose, a 18 anni devono diventare autonomi molto in fretta.

Su queste difficoltà come ha inciso la pandemia?

La condizione dei care leaver a causa della pandemia si è molto aggravata.

Innanzitutto, con il lockdown c’è stata un’interruzione immediata dei tirocini formativi in azienda, utili sia a imparare un lavoro sia a percepire un compenso mensile che permetteva di avere un minimo di sopravvivenza. Per la loro categoria non sono state previste misure di sostegno. Inoltre, molte aziende con la pandemia hanno avuto problemi economici e, quindi, non hanno ripreso i percorsi avviati con i ragazzi. A ciò si aggiunge il fatto che il mercato del lavoro adesso è fermo e diventa difficile trovare una casa. Già prima i proprietari facevano fatica a dare in affitto una casa a ragazzi con le caratteristiche dei care leaver, adesso con i ritardi nei pagamenti degli affitti, i proprietari si fidano ancora meno. Senza dimenticare che durante il lockdown questi ragazzi hanno vissuto una grande solitudine, aggravando le problematiche personali riguardanti la sfera emotiva e psicologica. Ma con la pandemia hanno avuto difficoltà anche i ragazzi, più piccoli, in comunità o in affido.

Ci racconti…

I ragazzi più piccoli l’anno scorso, alla fine del lockdown, quando progressivamente si stava riaprendo, diversamente dagli altri loro coetanei che potevano iniziare a uscire, sono restati per circa un mese in più chiusi nelle comunità, vivendo in un contesto di gruppo. Questa è stata una discriminazione stigmatizzante nei loro confronti. Anche la didattica a distanza è stata difficile da sostenere in comunità, sia perché erano in tanti a dover seguire, sia perché alcuni più problematici hanno bisogno della scuola in presenza per ottenere risultati. Ci sono stati anche aspetti positivi perché il lockdown ha permesso di creare legami più solidi all’interno del gruppo dei ragazzi e con gli educatori.

Come prosegue adesso il cammino di Agevolando?

Innanzitutto, vogliamo creare le condizioni per cui anche i minori stranieri non accompagnati possano usufruire di un percorso sperimentale a loro dedicato per l’accompagnamento all’autonomia. Poi ci impegneremo, per quanto ci è possibile, per far sì che il fondo sperimentale diventi strutturale e il supporto arrivi a 25 anni perché a 21 anni si è ancora troppo giovani: in tal senso, c’è già un emendamento che è passato alla Camera a gennaio 2020 ed è ora fermo al Senato. Vogliamo continuare a dar voce ai ragazzi per trarre dalle loro considerazioni stimoli, raccomandazioni, suggerimenti per migliorare il sistema di accoglienza, per favorire sempre di più ascolto e la partecipazione attiva dei ragazzi nei loro percorsi. Oggi, per la pandemia, la situazione è difficile ma solo alla vera ripartenza potremo impegnarci per superare queste criticità, trovare soluzioni, fare proposte, ideare qualcosa che possa garantire più facilmente lavoro ai care leaver. Infine, ci battiamo per il diritto allo studio come un qualcosa che possa essere sognato e raggiunto da questi ragazzi. Tanti di loro rinunciano a sognare di poter finire la scuola o addirittura iscriversi all’università perché nella loro condizione di assenza di supporto, accompagnamento, carenze di sicurezze dopo il diciottesimo anno, spesso si abbassa l’aspettativa verso il futuro.

Noi dobbiamo provare a fare in modo che i ragazzi possano sognare un futuro migliore e trovare delle risposte concrete con facilitazioni in tutto il percorso di autonomia.

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