
“Europa ritrova te stessa”. Quante volte Papa Francesco ha lanciato questo messaggio al vecchio continente, da lui stesso definito “invecchiato”, ripiegato su se stesso. Ma Bergoglio non si è mai fermato alla denuncia: negli innumerevoli incontri e discorsi pronunciati sull’Europa, e quelli più precisamente dedicati all’Unione europea, il Pontefice – in linea con il magistero dei predecessori – ha incoraggiato i popoli e le istituzioni del continente a riscoprire le proprie radici, a rinsaldare i legami, a valorizzare la propria storia e le risorse che le appartengono, a riscoprirsi forza di pace e terra delle molteplici tradizioni culturali e dell’incontro tra le fedi, delle libertà e dei diritti. Terra di democrazia.
Sono davvero tanti i contributi che Bergoglio, il Papa “non europeo”, “venuto dall’altra parte del mondo”, ha portato alla riflessione sull’identità e il futuro del continente. Basterebbe citare i discorsi pronunciati al Parlamento europeo e al Consiglio d’Europa nel novembre 2014; al conferimento del Premio Carlo Magno nel maggio 2016; ai leader dei Ventisette riuniti a Roma per il 60° della firma dei Trattati nel marzo 2017; la lettera per il 40° anniversario della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece) nell’ottobre 2020. Per giungere al primo discorso pronunciato a Lisbona, arrivando per la Gmg, nell’agosto 2023, incentrato sulla pace. “Io sogno un’Europa, cuore d’Occidente, che metta a frutto il suo ingegno per spegnere focolai di guerra e accendere luci di speranza; un’Europa che sappia ritrovare il suo animo giovane, sognando la grandezza dell’insieme e andando oltre i bisogni dell’immediato; un’Europa che includa popoli e persone con la loro cultura. […] Questo ci aiuterà a pensare ai sogni dei padri fondatori dell’Unione europea”, i quali “sognavano in grande”.
In queste poche righe c’è il sunto dei messaggi che il Pontefice argentino ha rivolto all’Europa. Con al centro una parola risuonata più e più volte rivolgendosi ai popoli, alle istituzioni, ai leader, ai giovani del continente: “speranza” (spesso assimilata, affiancata o sostituita da “sogno”). Nel solo discorso a Strasburgo, nell’emiciclo dell’Europarlamento, il termine speranza è tornato dieci volte sulle labbra di Bergoglio.
Cercare, disseminare, promuovere, incarnare la speranza: questa, secondo il Papa, è la vocazione dell’Europa.La stessa Europa – Francesco non l’ha certamente taciuto – segnata da grandi fasi di sviluppo storico accompagnate da crimini e vergogne disseminate lungo i secoli; un crogiuolo di pensiero, di scoperte, di innovazioni ma anche terra dove sono sorti lager e gulag; macchiatasi della prepotenza colonialista verso altri continenti, e parimenti culla di filosofia, diritti umani, scoperte scientifiche che hanno contribuito a trasformare il mondo.
Durante il discorso di conferimento del Premio Carlo Magno il Papa ha espresso con chiarezza la sua convinta visione futura dell’Europa: “Sogno un nuovo umanesimo europeo. […] Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. Sogno un’Europa che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Sogno un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto. Sogno un’Europa in cui essere migrante non è un delitto. […] Sogno un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande”. “Sogno un’Europa delle famiglie”, che “promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia”.
Nella visione bergogliana l’Europa ha una vocazione – una responsabilità – planetaria. Un compito esemplare, che travalica confini e oceani. Così a Strasburgo, in un emiciclo fortemente segnato dal secolarismo, Francesco ha affermato tra gli applausi: “È giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili; l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il suo futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente. È giunto il momento di abbandonare l’idea di un Europa impaurita e piegata su se stessa per suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda e difende e tutela l’uomo; l’Europa che cammina sulla terra sicura e salda, prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità”.
E a proposito di sogni, nella visione di Francesco non è mai mancato un riferimento a Dio e, parimenti, un richiamo – concreto e terreno –all’impegno dei cristiani per costruire la polis. “Sogno un’Europa sanamente laica, in cui Dio e Cesare siano distinti ma non contrapposti”, ha scritto nella lettera per l’anniversario della Comece. “Una terra aperta alla trascendenza, in cui chi è credente sia libero di professare pubblicamente la fede e di proporre il proprio punto di vista nella società. Sono finiti i tempi dei confessionalismi, ma – si spera – anche quello di un certo laicismo che chiude le porte verso gli altri e soprattutto verso Dio, poiché è evidente che una cultura o un sistema politico che non rispetti l’apertura alla trascendenza, non rispetta adeguatamente la persona umana”. Per aggiungere immediatamente: “I cristiani hanno oggi una grande responsabilità: come il lievito nella pasta, sono chiamati a ridestare la coscienza dell’Europa, per animare processi che generino nuovi dinamismi nella società. Li esorto dunque ad impegnarsi con coraggio e determinazione ad offrire il loro contributo in ogni ambito in cui vivono e operano”.
Ebbene, Papa Francesco non ha mai fatto sconti all’Europa (e tanto meno all’Ue), ma ne ha sempre richiamate le profonde radici, l’identità, l’anima, la vocazione, persino la missione per il futuro. Bergoglio è stato benevolo e incoraggiante verso il continente, la sua gente, i suoi politici… Ora è tempo di fare memoria di questo lascito e di ricambiare l’affetto e la fiducia ricevuti.