
Ormai è diventato un consumato refrain: l’Europa a 27 deve serrare i ranghi, necessita di coesione e di una forte leadership politica, non può che accorgersi del pericolo russo e aprire gli occhi rispetto alle accresciute distanze dagli Stati Uniti (constatando che è Washington a fare passi indietro, ritraendosi dall’antica e consolidata amicizia con il vecchio continente). In questo clima, sempre più pesante, l’Ue appare sola – pur ritrovando un filo rosso con il Regno Unito – e responsabile della propria sicurezza, del proprio futuro, di quello dei suoi popoli, della sua democrazia.È tempo di passare dalle parole ai fatti.
La Russia è, e rimarrà, una minaccia. Gli Stati Uniti di Trump – avvolti nella nazionalistica difesa di interessi esclusivi, anche a scapito di quelli europei – rischiano di non essere più un partner affidabile, se non addirittura diventare un problema per l’Europa: basti pensare alle debordanti, fantasiose, preoccupanti esternazioni dell’inquilino della Casa Bianca in ambito economico, politico, geostrategico.
Dall’Ue27 non resta che attendersi una rinnovata consapevolezza e unità.
Lo ha ribadito martedì 18 febbraio Mario Draghi in un’audizione al Parlamento europeo. “L’Ue – ha detto – è stata creata per garantire pace, indipendenza, sicurezza, sovranità e poi sostenibilità, prosperità, democrazia, equità. Di base siamo riusciti a garantire tutto questo. Ora il mondo confortevole è finito, e dobbiamo chiederci, vogliamo difendere questi valori?”, nella consapevolezza che si prospettano tempi in cui l’Europa sarà più sola.
Insomma, il contrario di ciò che vanno affermando e decidendo alcune forze politiche e leader europei, che strizzano l’occhio a Putin o che vorrebbero ergersi a “ponte” tra le due sponde dell’Atlantico.L’Ue deve imparare a muoversi in autonomia sul piano della competitività economica, della tutela del mercato unico, dell’energia; deve rassicurare i cittadini sul piano della difesa; deve cercare nuovi partner per non isolarsi a sua volta, ben sapendo che ciascun player mondiale gioca per un preciso e angusto tornaconto. Servono nuove alleanze, senza per questo rinunciare, caparbiamente, a cercare intese con i vecchi amici, Stati Uniti in primis.
Certi segnali stanno arrivando: il Competitiveness Compass (Bussola per l’innovazione e la competitività economica) lanciato dalla Commissione Von der Leyen va in questa direzione. Il vertice di Parigi convocato dal Presidente francese Macron è un’ulteriore carta giocata, pur non avendo prodotto risultati immediati e avendo semmai messo in luce differenze su come sostenere l’Ucraina. Alla Conferenza di Monaco Ursula von der Leyen ha prospettato nuovamente l’idea di scostamenti di bilancio per finanziare la difesa. Dal Parlamento europeo si moltiplicano – seppur a maggioranza, non certo all’unanimità – prese di posizione per un rafforzamento dell’azione autonoma dell’Ue in questi ambiti.
Eppure non basta. Il momento è cruciale, certe scelte non vanno rimandate. E se all’interno dell’Unione europea c’è chi tira il freno a mano, contrastando nuovi passi avanti dell’integrazione comunitaria, occorre inviare messaggi chiari: l’Ue deve assumere una dimensione unitaria e un ruolo da protagonista che non possono essere bloccati da nazionalisti riottosi, populisti anti-Ue, amici – dichiarati o meno – di Putin. E non deve mai trascurare di essere nata con la prioritaria vocazione alla pace.
Gli Usa si smarcano, la Russia è pericolosa, non meno della Turchia e di altri vicini di casa. I Balcani sono in ebollizione. Cina, India e altri giganti avanzano sul piano economico, commerciale, militare, con forti tratti neocolonialisti. L’Europa unita, democratica, sicura e aperta al mondo serve adesso. Perché “dopo” potrebbe essere troppo tardi.