Europa e migranti. Schweng (Cese): “Nessuno deve perdere la vita in mare”

La presidente del Comitato economico e sociale europeo, Christa Schweng, commenta per il Sir la situazione sull'accoglienza dei migranti nell'Unione europea. Richiama il diritto internazionale ma chiede un impegno solidale a tutti i Paesi membri. "È fondamentale cambiare la narrativa sulla migrazione", afferma, mentre si dice convinta che la "vecchia" Europa abbia bisogno di giovani leve. Necessario contrastare il traffico di esseri umani

(Foto ANSA/SIR)

“C’è una legge internazionale del mare che stabilisce protezione: la persona che rischia di perdere la vita in mare o la cui vita è in pericolo in mare deve essere soccorsa”. Lo afferma al Sir la presidente del Comitato economico e sociale europeo (Cese), Christa Schweng, commentando le politiche Ue sulla migrazione e il dibattito tra i governi. “Questo non significa che la persona in pericolo debba essere accolta nel porto più vicino, ma dev’essere portata in un posto sicuro, dove possa essere messa in salvo nelle migliori condizioni possibili”, commenta ancora. Austriaca, eletta presidente del Comitato economico e sociale europeo – con sede a Bruxelles – nell’ottobre 2020 (ne fa parte dal 1998) per un mandato di due anni e mezzo che terminerà nel marzo 2023, Schweng si è per lo più occupata di temi dell’occupazione e degli affari sociali.

(Foto Cese)

“Sbarchi selettivi”? Nelle ultime settimane, da quando è entrato in carica, il governo italiano ha più volte affermato di voler applicare “sbarchi selettivi”, ossia facendo sbarcare sul proprio territorio solo coloro che godono di protezione internazionale e “i più vulnerabili”. Si sono create, per questa ragione, tensioni con la Francia e a ogni sbarco i Paesi Ue si dividono ormai da anni su dove accogliere i migranti in arrivo, che talvolta attendono giorni e settimane sulle navi. “Nessuno deve rischiare di perdere la propria vita in mare. Non c’è dubbio su questo. Ed è qui che vediamo quanto sia importante condividere la solidarietà e l’impegno, perché non possiamo accettare che siano solo uno o due Paesi Ue che si prendono tutti i rischi e gli oneri, mentre gli altri Stati membri non si interessano”. “Per me è assolutamente importante che ci sia solidarietà tra i Paesi e che troviamo un meccanismo comune dove possiamo egualmente condividere solidarietà e impegni”, dichiara Schweng.

Cambiare la narrazione. Recentemente la Commissione europea ha presentato un piano di accordi con gli Stati terzi, come Egitto, Libia e Tunisia, per corridoi legali per i flussi migratori e per i rimpatri dei migranti che arrivano in Europa ma non godono di protezione internazionale. Sembra, però, il rispolvero di piani già portati avanti in questi anni, ad esempio con la Turchia e la Libia, che hanno spesso alimentato la creazione di centri di detenzione per i migranti in condizioni disumane terribili. “Come Cese abbiamo sempre chiesto la creazione di corridoi sicuri per i migranti e rifugiati, ma siamo anche convinti che gli accordi con i Paesi terzi debbano sempre rispettare i valori europei. È fondamentale cambiare la narrativa sulla migrazione con i Paesi terzi e dobbiamo monitorare come i migranti sono trattati in questi Paesi”, afferma la presidente.

Meccanismo di protezione temporanea. Allo stesso tempo in Europa c’è bisogno di migranti: “nel mercato del lavoro Ue ci sono 6 milioni di posti di lavoro vacanti, per i quali abbiamo necessità di lavoratori qualificati. Ma dobbiamo assicurare che i migranti possano arrivare con canali legali sicuri senza abusare del sistema di asilo, altrimenti rischiano di essere rimpatriati perché non hanno diritto di restare nell’Ue. Penso che dobbiamo guardare seriamente caso per caso”. Dopo l’invasione della Russia in Ucraina, l’Ue ha deciso l’applicazione del meccanismo di protezione internazionale temporanea ai rifugiati ucraini che ha permesso loro di scappare dalla guerra ed essere accolti in Europa in modo più rapido e in condizioni migliori. Ci si interroga però se non fosse possibile applicare questo meccanismo anche in differenti situazioni per migranti provenienti da altri Paesi, ad esempio per siriani e afgani. Oppure l’Ue applica due pesi e due misure a seconda del Paese di origine dei migranti? “Il meccanismo temporaneo di protezione internazionale è stato creato come reazione alla guerra in Ex Jugoslavia, quindi esiste già da un po’ di tempo. È vero, avrebbe potuto essere utilizzato per i rifugiati dalla Siria e dall’Afghanistan, ora lo abbiamo fatto con gli ucraini. Certamente si può diventare più saggi con il tempo e abbiamo visto una solidarietà incredibile con gli ucraini, ancora la vediamo, e riteniamo che sia assolutamente importante che resti così”. “In questo momento penso che applicare il meccanismo di protezione temporanea come abbiamo fatto fosse la cosa giusta e probabilmente sarà utilizzato come modello anche per le crisi future. Credo che siamo a un punto di svolta su questo”.

Non criminalizzare le Ong. Alcuni pensano sia necessario regolare le operazioni di soccorso in mare delle Ong e ripensare le norme dell’Organizzazione marittima internazionale. Ci si interroga se tutto questo potrebbe finire per limitare le operazioni di soccorso in mare? “Ribadisco: le vite umane non possono essere messe in pericolo in conseguenza di scelte politiche. Questo non è accettabile, non possiamo permettere che le persone rischino di perdere la vita in mare. Continuerò a ripetere questo concetto con forza”, afferma la presidente del Cese. “Non dobbiamo neanche criminalizzare la solidarietà, ma continuare a vigilare e a porre attenzione perché questo non avvenga”. Secondo Scwheng è certamente urgente andare a colpire i criminali che attuano il traffico dei migranti: “penso ci sia ancora molta strada da percorrere nel punire i trafficanti, perché non c’è abbastanza cooperazione tra le forze dell’ordine di Paesi europei e Paesi terzi nel prevenire questo traffico”. “È una catena, con un punto di inizio e uno finale, che deve essere interrotta il prima possibile, così che le persone neanche intraprendano questi viaggi pericolosi”.

Integrazione… da ambo le parti. La presidente del Cese non nasconde che l’Ue ha sempre più bisogno di forza lavoro e nuovi talenti. “Dobbiamo essere consapevoli che l’Ue è un continente che sta invecchiando, ripeto ancora i dati: ci sono 6 milioni di posti di lavoro in Ue che restano vacanti. Questo significa che se vogliamo restare competitivi abbiamo un bisogno disperato di migranti. Per questo dobbiamo sviluppare una narrativa differente sulla migrazione, e abbiamo visto che è necessario fare qualcosa in più per l’integrazione”. Su questo punto però la presidente del Cese chiarisce: “l’integrazione non avviene mai solo da un lato, necessita di sforzi da entrambi le parti della società: dai migranti e dalla società ospitante. Abbiamo esempi di successo. Penso che possiamo imparare vicendevolmente e trarre ispirazione dagli esempi funzionanti”.

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