Bielorussia: preti per strada e chiese aperte. I vescovi chiedono verità e un tavolo di confronto tra le parti

“Possano le vostre mani, create per il lavoro pacifico e il saluto fraterno, non sollevarsi né con armi né con pietre. Lasciate che non prevalga la forza della violenza ma la forza dell'argomentazione, basata sul dialogo nella verità e sull'amore reciproco”. È il nuovo disperato appello per la pace dell’arcivescovo di Minsk, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, che, per una soluzione della crisi, propone la convocazione immediata di uno speciale tavolo di confronto e dialogo tra le parti per decidere il futuro del Paese. Appello anche del vescovo di Vitebsk, mons. Aleh Butkevich: “C'è solo una via d'uscita: cercare la verità! È importante essere certi e difendere la verità, non l'inganno. Ma la verità non si trova dove c'è violenza”

(Foto: Catholic.by)

“Tutte le sere le persone scendono per strada a protestare. La violenza si sta alzando. Per le strade vediamo lanci di granate e pneumatici incendiati. La gente è arrabbiata. Le proteste ormai si sono diffuse in tutto il Paese, non solo a Minsk. È solo l’inizio. Non si sa come andrà a finire. Ci è rimasta solo la forza della preghiera per la pace”. Raggiunto telefonicamente dal Sir, padre Alexander Ulas, direttore del sito Catholic.by della Conferenza episcopale della Bielorussia, racconta la drammatica situazione in cui è caduto il Paese dopo il contestato risultato delle presidenziali che hanno riconfermato Lukashenko per il sesto mandato consecutivo. Duemila persone sono state arrestate nelle ultime 24 ore e un dimostrante è morto nella notte: è la prima vittima confermata dal ministero dell’Interno, secondo cui però l’uomo intendeva lanciare un ordigno esplosivo, che gli è esploso in mano uccidendolo. Centinaia i feriti, migliaia gli arresti, decine i dispersi: tra loro anche un cronista di una testata indipendente di cui non si hanno più notizie.

Il presidente della Conferenza dei vescovi cattolici in Bielorussia, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, ha lanciato un appello: “In questo momento cruciale della nostra storia, nel nome di un Dio di infinita misericordia, amore e pace, invito tutte le parti in conflitto a porre fine alla violenza. Possano le vostre mani, create per il lavoro pacifico e il saluto fraterno, non sollevarsi né con armi né con pietre. Lasciate che non prevalga la forza della violenza ma la forza dell’argomentazione, basata sul dialogo nella verità e sull’amore reciproco”. L’arcivescovo di Minsk ricorda la storia del popolo bielorusso e le sfide che nel corso degli anni ha dovuto affrontare. “Tenendo conto di questa preziosa esperienza – dice -, al fine di superare rapidamente la crisi nella società e fermare la violenza, propongo di convocare immediatamente uno speciale tavolo di confronto e dialogo per decidere il futuro della nostra Patria attorno ad esso e non dietro le barricate. Invito tutte le persone di buona volontà a pregare con fervore per la pace e l’armonia nel nostro Paese”.

A complicare la situazione è anche il fatto che le Chiese ortodosse di Bielorussia e di Russia hanno riconosciuto il presidente Lukashenko. Il metropolita di Minsk Pavel ha inviato un messaggio di congratulazioni all’attuale presidente, riconoscendone quindi ufficialmente la rielezione. E anche il patriarca di Mosca Kirill, in un messaggio di auguri, ha riconosciuto il suo impegno “da molti anni a difendere gli interessi nazionali del Paese, curandone lo sviluppo socio-economico, la vita pacifica e la sicurezza dei suoi concittadini”.

Il sito Catholic.by racconta che in diverse parti della Bielorussia, i sacerdoti cattolici sono scesi per strada per contenere la violenza e fare da mediatori di pace tra manifestanti e forze dell’ordine. La sensazione di chi è sceso in piazza è che tra le forze dell’ordine si siano inserite forze speciali russe con divise bielorusse anche perché, fa notare il direttore di Catholic.by, “non è possibile e sarebbe troppo strano che gente del nostro popolo vada contro il suo popolo”. Laddove possibile, le chiese sono rimaste aperte giorno e notte per pregare per la pace. Soltanto una chiesa è aperta a Minsk perché di notte l’accesso al centro della città è bloccato e viene presidiato dalla polizia. “Durante il giorno tutto procede normalmente”, racconta padre Ulas. “Nelle vie tutto scorre come prima, i servizi sono aperti. Anche alla televisione sembra che non stia succedendo nulla. Nessuno sta dando notizie delle proteste. I siti Internet sono stati oscurati per tre giorni. La stampa è controllata. I giornalisti indipendenti rischiano di essere messi in prigione. È molto difficile lavorare”.

In un appello rilanciato dal sito Catholic.by, il vescovo di Vitebsk, mons. Aleh Butkevich, scrive: “C’è solo una via d’uscita: cercare la verità! È importante essere certi e difendere la verità, non l’inganno. Ma la verità non si trova dove c’è violenza”. Da qui l’invito ad abbassare i toni della protesta e a risolvere i conflitti utilizzando le vie di dialogo e di civiltà. “Possa Dio aiutarci in questo, perché sa che il bene è sempre più forte del male. Ognuno di noi dovrebbe ricordarlo oggi”.

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