
“Molti lavorano, ma sono malpagati e sfruttati. Molti mi chiedono un posto di lavoro o una casa. A volte non so come fare”. Sono parole del vescovo di Cesena-Sarsina, monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, pronunciate al termine della conferenza stampa di presentazione del Dossier Caritas 2024 tenutasi questa mattina in curia, a Cesena. Il presule che non ha nascosto una certa sorpresa nell’aver trovato questa situazione nel nord del Paese, lui che ha origini calabresi e proviene da Matera. “Meno male che ci sono queste braccia”, ha aggiunto, con un chiaro riferimento all’impegno e al lavoro messo in campo ogni giorno da oltre 50 anni dalla Caritas diocesana e dalla cinquantina di Caritas parrocchiali che operano sul territorio.
Diminuiscono gli accessi agli sportelli della Caritas diocesana, ma aumentano nel complesso quelli presso le Caritas locali. Al centro di ascolto lo scorso anno si sono rivolte 865 persone, in discesa rispetto agli anni precedenti. Rimane significativa la percentuale di chi torna spesso a rivolgersi alla Caritas. Circa un quinto è utente da due a cinque anni. Un altro quinto da sei a dieci anni.
Per molti, ha scritto Dall’Ara nel Dossier, “la condizione di utente dei servizi della Caritas è di lunga durata. Nonostante l’impegno, i problemi e le difficoltà permangono. Per una quota tutt’altro che trascurabile, sembrano utenti destinati a diventare cronici”.
I cittadini non italiani sono in aumento, il 72 per cento del totale, erano il 67,7 nel 2015, con una netta maggioranza di coloro che provengono dall’Africa (46,2 per cento). Tra questi la maggioranza più significativa è quella marocchina (27,4 per cento), seguita da Tunisia (19,2), Nigeria (14,4) e Senegal (10,7). La classe di età più ampia è quella 25-34, un quarto del totale, seguita dai 45-54 anni col 22,9 per cento.
Per quanti riguarda gli interventi, la questione abitazione rimane per molti decisiva, una vera e propria emergenza, forse la principale. Sta mettendo in crisi anche diverse persone e famiglie cosiddette “normali”, anche quelle che sembrano non in particolare difficoltà dal punto di vista economico. Questo è ancora più vero per le persone che oltre alla povertà materiale sono spesso interessate da carenza, o addirittura da assenza, di relazioni dalle quali ottenere un riparo o un posto dignitoso in cui abitare. O anche solo un supporto affettivo, di vicinanza.
Un quinto di chi ha fornito dati sostiene di essere senza tetto. Con quelli ospitati in centri di accoglienza 10,1 per cento) si supera il 30 per cento del totale. Per quanto attiene i servizi offerti, nel 2024 sono stati 42.434 (oltre 66 mila a livello diocesano), di cui il 71,6 per cento beni e servizi. Seguono l’alloggio (21,1), l’ascolto (5,8) e la sanità (1,2) grazie a un ambulatorio (in galleria Oir, a Cesena) attivato un paio di anni fa in convenzione con l’Ausl Romagna. Le prestazioni principali riguardano la consegna o la prescrizione di farmaci (55,9 per cento), sussidi per spese sanitarie (29,7) e visite mediche (14,3).
Dietro queste cifre, solo alcune del dettagliato Dossier, “ci sono numeri che parlano – ha precisato Bruna Venturi, responsabile del centro di ascolto -. Sì, perché ci sono persone da accogliere, ascoltare e accompagnare. Ogni persona ha un volto e una storia e spesso la povertà non è solo materiale. Inoltre, occorre tenere presente che il lavoro che si imbastisce è di rete, con i Servizi sociali e le Caritas parrocchiali”. In ogni caso, conclude la Venturi, “la relazione è fondamentale”.
Sui senza dimora è stato illustrato un approfondimento. Sono stati 264 quelli registrati nel 2024 in carico ai centri Caritas della Diocesi, il 15,6 per cento dei 1965 utenti totali. Sul Centro di ascolto diocesano sono 241 su 865, il 27,9 per cento. Dei 264, l’83 per cento sono maschi e in maggioranza, il 51,1 per cento, sono privi di abitazione. La cittadinanza di appartenenza per i tre quarti è non italiana.
“Sarebbe importante, in diversi casi, fermarsi, parlare, interessarsi di loro, accogliere le loro storie – ha aggiunto il direttore Bartoletti Stella – per far sentire loro che non siamo indifferenti a quanto vivono. Occorre attivare ciò che è possibile per dare risposta al bisogno di alloggio. Spesso la risposta arriva se si affronta insieme il problema, se lo si affronta dentro una rete di collaborazione tra pubblico e privato, mettendo in gioco quelle risorse umane ed economiche che una comunità deve saper trovare e impiegare”.
Come emerge dai dati riportati il bisogno di alloggio è ben superiore alle disponibilità e anche alla percezione che la gente avverte dell’intero fenomeno. La Caritas dispone di tre case a Martorano di Cesena. Due sono riservate agli uomini, una da nove posti e un’altra da sette. Una terza per donne da 15-16 posti. A queste abitazioni si aggiungono l’accoglienza notturna nei locali dell’episcopio con 12 posti, gestita dall’associazione papa Giovanni XXIII e la Casa famiglia sempre in episcopio sempre della Apg23, con alcune altre disponibilità di ospitalità. Entrambe le strutture in episcopio vennero realizzate grazie al vescovo Douglas Regattieri.
“Ringrazio tutti gli operatori – ha detto in conclusione il vescovo Caiazzo – alcuni dei quali impegnati 24 ore al giorno. Sono contento e orgoglioso per quello che si realizza. Credo che l’opera più grande sia quella svolta dal centro di ascolto orientato al reinserimento delle persone nella società. In modo che qualcuno possa dire: ce l’ho fatta. A volte basta anche un appoggio momentaneo, un piccolo aiuto economico grazie anche a iniziative di microcredito”. Poi un annuncio, dopo aver ricordato gli interventi in periodo Covid e quelli per l’alluvione:
“Spero di poter incrementare la dotazione annuale di 120 mila euro di fondi 8xmille della Chiesa cattolica destinata alla Caritas diocesana. Una cifra importante, senza tener conto che le Caritas parrocchiali vanno avanti con fondi propri”.