Francesco, il Papa che ci ha insegnato a volerci bene

Il ricordo di un parroco di Roma: Papa Francesco è stato un padre affettuoso, un profeta coraggioso, un pontefice vicino agli ultimi. Con il suo sorriso e le sue parole di speranza ha insegnato a tutti uno stile di prossimità, ascolto e umanità

(Foto Calvarese/SIR)

Ogni umana esistenza esprime un tralucere dell’amore di Dio diffuso nei nostri cuori e nei nostri spazi vitali: oggi il mondo si sente orfano di quel raggio di luce che ha accompagnato per dodici anni il cammino di credenti e non credenti con l’affetto di un padre. Parlare di Papa Francesco comporta la necessità di trovarne una chiave di lettura unitaria; tentativo difficile per una personalità così ricca e complessa. Ciononostante, penso che tutta la vicenda umana e cristiana di Papa Francesco si possa raccogliere nel segno e nel sogno della “profezia”. Come tutti i profeti, ha saputo portare una parola che non era sua ma quotidianamente interpretata alla luce del Vangelo; una parola a volte difficile, esigente, provocatoria ma sempre testimoniata e riletta dentro le situazioni più emarginate e periferiche.

Una parola sperimentata in prima persona durante la sua formazione e il suo ministero sacerdotale ed episcopale. Una parola mai scontata e mai in linea con l’arroganza dei potenti di questa terra. Una parola che ha dato voce agli ultimi, ai diseredati, agli scartati.

Papa Francesco ci ha fatto comprendere che la vita non è questione di mero adattamento alle situazioni per trarne un profitto o un benessere egoistico, ma consiste nella continua ricerca del volto di Dio in quello dell’uomo, di ogni uomo. Profeta di speranza per i poveri dal giorno della sua elezione al soglio pontificio, non ha mai dimenticato quell’impegno accolto in conclave da un suo collega cardinale e che ha portato con sé in ogni scelta, a cominciare da quella di vivere in semplicità rinunciando a ogni privilegio collegato alla sua dignità.

È stato pontefice nel vero senso di “costruttore di ponti”, capace di dialogo con tutti e aperto all’ascolto di tutti senza giudizi e pregiudizi ma col solo desiderio di far sentire ognuno “figlio amato”, al punto di ereditare la passione salvifica di Cristo.

Apostolo di una Chiesa dalle porte sempre aperte e capace di parlare l’unico linguaggio gradito al Samaritano, quello della “prossimità”, evitando la tentazione dell’autoreferenzialità e del clericalismo strisciante, ha fortemente voluto una Chiesa finalmente capace di promuovere concretamente i laici e in particolare le donne, affermando, in una delle tante interviste che ci hanno saggiamente destabilizzato, che “una Chiesa senza le donne è come il Collegio apostolico senza Maria”.

Incontro Alberto, parrocchiano fedele, che mi abbraccia e mi dice: “È morto Papa Francesco”. Rispondo senza esitazione: “Che tristezza!”. Ribatte col candore di un bambino: “Non riesco a essere triste perché porto dentro il suo sorriso e credo che stia già scherzando con gli angeli”. Grazie Alberto, mi resta nel cuore una sola domanda: riusciremo a far tesoro di quanto ricevuto? Continueremo nel solco di una Chiesa profetica capace di parlare con umanità e parresia?

(*) parroco della Beata Vergine del Carmelo a Roma

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