Nuovi beati: Floribert Bwana Chui, martire della corruzione

Sarà il card. Marcello Semeraro a presiedere, nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, la celebrazione di beatificazione di Floribert Bwana Chui, domenica 15 giugno. Floribert venne ucciso per non aver voluto cedere ala corruzione. Ne abbiamo parlato con il postulatore, don Francesco Tedeschi

Foto Comunità sant'Egidio

Sarà il card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le cause dei santi, a presiedere, nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, la celebrazione di beatificazione di Floribert Bwana Chui, domenica 15 giugno. La celebrazione vedrà la partecipazione della diocesi di Goma, a partire dal suo vescovo, mons. Willy Ngumbi, e di altri rappresentanti della Chiesa congolese, tra cui il card. di Kinshasa, Fridolin Ambongo. Ne abbiamo parlato con il postulatore, don Francesco Tedeschi.

Don Francesco Tedeschi

Floribert – ci dice – era un giovane del Nord Kivu, nato a Goma il 13 giugno del 1981. “Era un giovane brillante, aveva potuto studiare e concludere l’Università nella Facoltà di Giurisprudenza e si sentiva responsabile del suo futuro e del futuro del suo Paese. Impegnato nelle associazioni studentesche e leader degli studenti cattolici dell’Università di Goma incontra nel 2000 la Comunità di Sant’Egidio che in quegli anni si sta sviluppando in tutto il Continente africano proponendo ai giovani di vivere in quel particolare carisma che Papa Francesco ha così ben descritto con tre ‘P’: Preghiera, poveri, pace”. Questo incontro “ha portato Floribert ad impegnarsi soprattutto nel servizio con i più poveri e marginali della città: i ragazzi di strada detti anche, con disprezzo ‘maibobo’. Questa vicinanza ai poveri e la lettura della Parola di Dio hanno maturato in lui una fede forte che permeava tutti gli aspetti della sua vita. Così anche nel suo lavoro alla dogana di Goma non dimenticava gli insegnamenti del Vangelo”.

Floribert è stato ucciso in Congo, all’età di 26 anni, il 7 luglio 2007. La Chiesa ne ha riconosciuto “il martirio “in odio alla fede”. Che significa?

Il contesto della morte di Floribert è quello di un mondo profondamente segnato dalla corruzione e dall’idolatria del denaro, la sua resistenza alle lusinghe del guadagno facile e alle minacce non è solo il frutto di una retta coscienza nel compimento del proprio dovere, ma il risultato di una scelta radicata nel Vangelo. Coloro che hanno ucciso Floribert sono ignoti ma hanno agito con estrema brutalità e violenza perché hanno visto in lui una resistenza che non veniva da semplici convinzioni legali, ma da una fede radicata nell’amore per Dio e per il prossimo. Confidandosi con una religiosa medico nell’Ospedale di Goma, Floribert aveva detto dei tentativi di corruzione e delle minacce, ma la sua risposta fu molto netta: “Se faccio questo, sto vivendo in Cristo? Sto vivendo per Cristo? Come cristiano non accetto di sacrificare la vita delle persone, è meglio morire che accettare questi soldi”.

Foto Comunità sant’Egidio

Qual è il messaggio di questo giovane ucciso per aver bloccato il passaggio di generi alimentari deteriorati, che avrebbero danneggiato la salute della popolazione?

È un messaggio potente e dai molteplici significati, per l’Africa e non solo. Basti pensare alle nostre società sempre più “economicizzate”, in cui sembra che il denaro sia l’unica misura con cui calcolare il valore della vita e delle persone: la scelta di Floribert è quella di dire che la vita delle persone ha un valore inestimabile e che non si può metterla a rischio solo per fare i propri interessi. Quel traffico di riso avariato è solo un esempio di tanti traffici illeciti in cui purtroppo l’Africa è ancora tra le prime destinatarie. Floribert ci parla della gratuità dell’amore di Cristo che “si è fatto povero per arricchirci” e che si è identificato con il carcerato, lo straniero, l’affamato, il malato… Lì dove si colpiscono i poveri in realtà si vuole disincarnare il Vangelo e indebolire la fede. La resistenza di Floribert ci parla di un grande senso di responsabilità e di una fede che lo ha reso “custode” della vita dei suoi concittadini, a cominciare dai più poveri.

Foto Comunità sant’Egidio

Floribert apparteneva alla Comunità di Sant’Egidio. Riccardi ha detto che la sua storia è quella della “‘forza debole’ di un giovane che crede”…

Sì, è vero, quella di Floribert era una fede disarmata, in una regione del mondo in cui le armi e la violenza proliferano. In questo contesto

le uniche “armi” di Floribert sono state la preghiera e l’amore per i piccoli.

E sono rimasto colpito dalle testimonianze che sono emerse dall’inchiesta canonica di persone non particolarmente legate alla Comunità ma che hanno testimoniato come la fede di Floribert fosse radicata in un Vangelo vissuto ogni giorno, proprio nello spirito della Comunità.

Perché la beatificazione avverrà a Roma?

La situazione oggi a Goma è molto difficile: l’occupazione militare da parte della milizia ribelle dell’M23 non offre quegli standard minimi di sicurezza che sono richiesti per una celebrazione di questo tipo, ma proprio per il perdurare di questa situazione ci ha convinto di chiedere di poter fare la beatificazione qui a Roma, nell’anno del Giubileo della Speranza, proprio perché Floribert possa essere con la sua testimonianza una speranza per il Congo, l’Africa e il mondo intero.

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