
È grande l’attesa per il Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità che si svolge a Roma il 7 e 8 giugno. Saranno migliaia i partecipanti sia alla veglia di questa sera che domani alla celebrazione eucaristica in piazza San Pietro, presiedute da Papa Leone XIV. “Attesa, grande gioia ma, al tempo stesso, responsabilità perché è da tempo che ci stiamo preparando a questo evento con tutte le componenti del nostro ‘popolo’ di Sant’Egidio”, dice al Sir il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Roberto Zuccolini.

Foto Comunità S. Egidio
Un “popolo” che comprende uomini e donne di tutte le età, condizioni, cultura. “Anche persone – spiega – sostenute e aiutate dalla comunità e che ne sono parte attiva. Quando parliamo di Sant’Egidio parliamo infatti di una famiglia che comprende giovani, adulti, anziani di una settantina di paesi del mondo, ma che si allarga anche ai poveri nostri amici, come ad esempio alle persone venute con i corridoi umanitari, ai senza fissa dimora, a tutti coloro che conosciamo e accompagniamo ormai da 57 anni”: una storia lunga che ha “attraversato tanti momenti della Chiesa post conciliare e che ha visto anche tanti Pontefici sul soglio di Pietro”. La Comunità di Sant’Egidio è “felice” di partecipare a questo primo incontro dei movimenti con Papa Leone e lo farà anche con delegazioni di alcuni Paesi del mondo dove la Comunità è presente. Un’iniziativa, questo incontro, che si colloca all’interno del Giubileo dedicato alla Speranza: “Questo è molto importante – spiega il portavoce di Sant’Egidio – perché
la speranza è il cuore del tempo che viviamo. Una speranza che non delude,
come dice l’Apostolo Paolo, e io direi che noi abbiamo bisogno di sperare soprattutto in questi tempi che sono dei tempi difficili per le troppe situazioni di conflitto aperte nel mondo, per una crisi ambientale che mette a rischio tante popolazioni di diverse regioni della terra ma anche per la grande incertezza che c’è sullo scenario internazionale.
La speranza è proprio quel respiro che manca all’umanità e di cui sentono prima di tutto la necessità i poveri, le persone che sono sole e soprattutto tutti i popoli che soffrono per la guerra” e per i quali i cristiani “devono essere profeti di speranza e portatori di un ‘noi’ che mi sembra sempre più necessario in questo mondo in cui viviamo, disorientato e frammentato”.
L’incontro con Papa Leone sarà una occasione per “ascoltare le sue parole in unità non solo con gli altri movimenti che saranno presenti ma all’interno della Chiesa perché credo che, come movimenti e comunità suscitate dallo Spirito, siamo inseriti nel grande flusso della storia cristiana che tende a cambiare in meglio il mondo a partire dal Vangelo”. Per questo “siamo felici di ascoltare le parole che per la prima volta il Papa rivolgerà a realtà che sono significative per diversi motivi e diverse storie all’interno della Chiesa”.
I movimenti e le associazioni sono chiamati ad essere “segni tangibili di speranza”,
come ci invitava la Bolla di indizione del Giubileo, e lo possiamo essere sempre più a partire dagli ultimi, da quelli che Papa Francesco chiamava gli scartati.

Foto Comunità S. Egidio
Come Comunità di Sant’Egidio abbiamo raccolto questa domanda di speranza in tante periferie umane ed esistenziali, come il carcere dove è troppo alto il numero dei suicidi oppure tra i migranti che rischiano la loro vita nel mare Mediterraneo o nel deserto e che abbiamo scelto di salvare con i corridoi umanitari. O negli anziani, in particolare quelli che vivono da soli oppure che sono costretti a lasciare le loro case per vivere negli istituti o nei senza dimora per i quali tante volte basterebbe fermarsi, ascoltarli e accompagnarli a condizioni di vita più umane. Ma ad attendere sono anche e soprattutto i giovani, disorientati nel Nord e angosciati – in tantissimi – nel Sud del mondo perché non vedono la possibilità di migliorare la loro vita e per questo, se riescono, emigrano. Giovani a cui si nega il domani. Il loro grido, quello dei giovani europei alla ricerca di un senso per la loro vita – conclude Zuccolini – come quello dei giovani africani, che sono la maggioranza della popolazione nel continente, deve essere ascoltato e preso sul serio: ne va del futuro del mondo”.