Miracoli. “Non avere paura”: Antonietta Raco racconta Lourdes, la malattia, il miracolo

Dalla sclerosi laterale primaria al riconoscimento del miracolo, il 72° certificato a Lourdes, passando per un pellegrinaggio con l’Unitalsi. Antonietta, oggi volontaria, ripercorre la sua storia di fede e guarigione. “Quel giorno riscopro la pace. Ora accompagno gli altri, come sono stata accompagnata io”

(Foto Tursi-Lagonegro/SIR)

“Quando non si cammina più, si perde la percezione della terra. Quel giorno, la riscopro”. Antonietta Raco racconta la sua storia come la si affida a un amico. Con voce calma, senza enfasi. Dopo otto anni di malattia e un ultimo intervento alle ovaie nel gennaio 2004, crede che il peggio sia passato. Ma a maggio, una notte, non riesce più ad alzarsi dal letto. Comincia così un anno di terapie, visite, speranze disattese. Cammina con le stampelle, ma senza miglioramenti. Finché il professore Adriano Chiò, alle Molinette di Torino, dopo un ricovero e nuovi accertamenti, le comunica la diagnosi: sclerosi laterale primaria: “All’inizio è stato uno shock, ovviamente. Ma poi la mia fede mi ha aiutato molto a superare i momenti più duri. La fede ha sempre fatto parte della mia vita, fin da piccola”. Nel 2008, sfogliando il giornalino della diocesi, legge dell’Unitalsi e del pellegrinaggio a Lourdes con il vescovo Francesco Nolè: “Sentii subito il desiderio di partecipare. Mio marito era scettico: era dicembre, e il pellegrinaggio sarebbe stato a luglio. Poi, a sorpresa, i miei figli mi regalarono il viaggio. Una gioia immensa”.

All’epoca Antonietta era in sedia a rotelle, con gravi difficoltà a deglutire, mangiare e respirare.

“L’Unitalsi offriva assistenza completa e partii con loro. Il viaggio fu lunghissimo, in treno, ma la gioia superava ogni fatica”. Il giorno dopo l’arrivo la accompagnano alle piscine: “Non potevo muovermi da sola. Le volontarie mi sostenevano a destra e sinistra, una mi muoveva le gambe a piccoli passi. Mi avvolsero in un asciugamano azzurro, recitammo insieme una preghiera”.

Ed è lì che accade qualcosa di inspiegabile: “Nel momento in cui stavo per entrare nella vasca, sentii un abbraccio sul collo e una mano che mi spostava dolcemente la testa. Credevo fosse una volontaria, ma non lo era. Udii una voce di donna giovane, soave, di infinita tenerezza, che mi disse per tre volte: ‘Non avere paura’. Scoppiai a piangere, pregando per le intenzioni con cui ero partita. Sentii un dolore fortissimo alle gambe, come se me le stessero strappando, ma continuai a pregare”.

Non racconta nulla a nessuno. Solo a casa, qualche giorno dopo, tutto si chiarisce.

Rientra in carrozzina. Il marito la sistema sul divano, poi va in cucina. In quel momento, quella voce ritorna: “Diglielo, chiamalo”. Non capisce, ma alla fine chiama Antonio: “Vieni, è successo qualcosa”.

Si alza in piedi da sola. Cammina. Fa anche due giravolte. Suo marito si accascia sulla sedia dalla commozione. Si abbracciano, piangono.

E Antonietta capisce che quella grazia è per lei: “Io avevo chiesto una grazia per una bambina, e invece…”. La vita quotidiana si riempie di stupore e gratitudine: “Non fu turbamento, ma pace. Ogni volta che racconto questo episodio, lo rivivo. E mi accompagna ogni giorno”. A marzo 2010 apre la pratica a Lourdes: “Il Bureau médical ci accolse. Mi sottoposi a ogni visita richiesta. Per me era importante: se la mia storia poteva aiutare la ricerca per trovare un farmaco, allora ero disponibile. Anche la diocesi ha seguito tutto il percorso. Il silenzio è stato giusto”. Quello di Antonietta Raco è oggi riconosciuto come il 72° miracolo ufficialmente certificato a Lourdes.

“Oggi, dopo sedici anni, lo vivo come allora. Nulla è cambiato con il riconoscimento del miracolo, la mia fede era già profonda e si è solo rafforzata. Quando ascolto il Vangelo, tremo, perché so di cosa si parla. L’ho vissuto sulla mia pelle”.

Antonietta vive con semplicità: “Sono una persona normale, che si occupa della famiglia. Da quell’anno sono tornata ogni anno a Lourdes come volontaria Unitalsi. Perché loro mi hanno accompagnata, e ora voglio farlo anch’io con altri. Lourdes, per me, è tutti i giorni”. La relazione con Maria è intima, quotidiana: “Con Lei sento una vicinanza fatta di tenerezza. Quando si parla di Lei, mi sciolgo. Appartiene alla mia vita. Vorrei dire a chi soffre di non perdere mai la speranza. La preghiera ci sostiene nei momenti più bui. Il Signore ascolta. E se il miracolo è accaduto proprio a me, una persona qualunque, è solo perché siamo nelle mani di Dio. La sua volontà resta un mistero, ma possiamo fidarci”.

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