
Settantadue guarigioni riconosciute ufficialmente come miracoli dalla Chiesa cattolica. Un numero esiguo rispetto alle migliaia di dichiarazioni spontanee di guarigione che ogni anno raggiungono l’Ufficio delle constatazioni mediche del Santuario di Lourdes. Ma è proprio la loro rarità, insieme alla severità dei criteri di valutazione ecclesiale e clinica, a rendere queste storie significative. Perché una guarigione sia proclamata miracolosa devono essere soddisfatte condizioni rigorose: dev’essere istantanea, completa, duratura e non spiegabile secondo le conoscenze mediche del tempo. Il tutto in un contesto di fede, senza il quale il fatto rimane clinicamente straordinario ma non è considerato teologicamente rilevante. È un dialogo continuo tra medicina e Chiesa, radicato a Lourdes fin dalla fine dell’Ottocento, quando fu fondato l’Ufficio medico permanente.

(Foto AFP/SIR)
Un’analisi statistica dei 72 casi ufficiali, aggiornati fino al 2025, mostra alcuni elementi ricorrenti. Le donne rappresentano l’82% dei casi noti. Una di esse è Jeanne Fretel, francese, guarita nel 1948 da una forma avanzata di tubercolosi intestinale. Entrata a Lourdes in barella, dopo la comunione dichiarò di sentirsi “improvvisamente invasa dalla vita”: si alzò e camminò senza più dolore. L’Ufficio medico, allora diretto dal celebre dottor Vallet, riconobbe l’evento come “completo, stabile e clinicamente inspiegabile”.
L’età al momento della guarigione varia da 2 a 78 anni, con una netta prevalenza tra i 20 e i 49 anni (65%). Solo il 3% ha meno di 10 anni, mentre il 6% supera i 60. Si tratta, dunque, per la maggior parte, di adulti nel pieno della vita. Singolare è il caso di Pierre de Rudder, belga di 52 anni, con una gamba spezzata e non consolidata da anni. Dopo il pellegrinaggio del 1875, l’osso si saldò istantaneamente. I medici dell’epoca, che avevano seguito il caso per anni, definirono la guarigione “istantanea e anatomopatologicamente perfetta”.
Le malattie più frequentemente guarite sono la tubercolosi (39%) e le patologie neurologiche (19%), come la sclerosi a placche e varie forme di paralisi. Seguono osteomieliti, tumori, cardiopatie e infezioni articolari. In tutti i casi, si tratta di condizioni documentate come gravi, invalidanti e resistenti alle cure disponibili all’epoca. Tra i casi più singolari c’è quello di Marie Bigot, francese affetta da aracnoidite della fossa posteriore, che l’aveva resa cieca, sorda e paralizzata. Durante tre pellegrinaggi consecutivi a Lourdes, tra il 1952 e il 1954, riacquistò prima l’uso delle gambe, poi l’udito e infine la vista. “Ho sentito la folla cantare: Regina del Rosario”, raccontò dopo la processione eucaristica. La guarigione fu riconosciuta come miracolo nel 1956.
Colpisce anche la varietà dei contesti spirituali in cui avvengono le guarigioni: il 50% durante i bagni nelle piscine del Santuario, l’11% durante la messa o la comunione, il 17% durante la processione eucaristica. Circa il 35% dei casi non è legato a un contatto diretto con l’acqua di Lourdes, ma comunque inserito in un’esperienza di pellegrinaggio o preghiera. Così fu per Louis Bouriette, tra i primissimi casi, nel 1858: cieco da un occhio a causa di un’esplosione di cava, si lavò con l’acqua della sorgente indicata da Bernadette. Il giorno seguente vide chiaramente. La sua testimonianza fu uno dei primi segni a suscitare attenzione attorno alla Grotta.
- (Foto AFP/SIR)
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I tempi di riconoscimento ecclesiale sono molto variabili. Solo il 21% è stato ratificato entro cinque anni dall’evento, mentre oltre la metà (51%) ha richiesto più di dieci anni. In alcuni casi, il processo è durato decenni. È il caso di Elisa Aloi, siciliana, affetta da una grave tubercolosi ossea con fistole multiple, guarita dopo il pellegrinaggio del 1958. Dieci giorni dopo il rientro, le ferite risultarono inspiegabilmente chiuse. Il miracolo fu riconosciuto nel 1965 da mons. Fasola. Elisa si sposò e divenne madre di quattro figli.
Tra le guarigioni più sorprendenti per la forza simbolica e la singolare dinamica si annovera quella di Justin Bouhort, primo bambino miracolato ufficialmente a Lourdes. Nato infermo, all’età di due anni non aveva mai camminato e si trovava in condizioni gravissime, verosimilmente a causa di una grave forma di deperimento organico. Era il luglio del 1858 quando sua madre, Croisine Bouhort, sfidando il divieto imposto dalle autorità, lo portò alla Grotta, decisa a implorare la Vergine. In un gesto di fede estrema, lo immerse nella vasca scavata dai cavapietre, suscitando il panico e le proteste dei presenti, convinti che stesse per perderlo. Justin, invece, riprese a respirare e, nei giorni successivi, cominciò inspiegabilmente a migliorare. Guarì, crebbe normalmente e visse fino al 1935, assistendo due anni prima, l’8 dicembre 1933, alla canonizzazione di santa Bernadette a Roma. Tra i casi più recenti, quello di suor Bernadette Moriau, religiosa francese guarita nel 2008 da una paralisi lombo-sacrale cronica e invalidante. Il suo caso, sottoposto a una rigorosa verifica medico-scientifica e teologica, è stato riconosciuto come il 70° miracolo ufficiale di Lourdes nel 2018.
Il percorso ecclesiale si articola in cinque tappe: constatazione clinica, valutazione interdisciplinare, discernimento spirituale, giudizio scientifico e proclamazione del vescovo. La metodologia, aggiornata nel 2006, affianca al rigore medico un’attenzione pastorale, aprendosi anche alle guarigioni interiori, che pur restando fuori dalle statistiche ufficiali, sono riconosciute come autentiche esperienze di grazia. Il criterio decisivo resta il contesto di fede: senza di esso, una guarigione straordinaria può essere clinicamente inspiegabile, ma non è teologicamente significativa. Il miracolo, secondo la visione cattolica, non è una sospensione delle leggi naturali, ma un segno che interpella. Lourdes continua a essere un luogo dove il corpo e lo spirito, la scienza e la speranza si incontrano.