
“Era iniziato come un pellegrinaggio come tanti altri, con il mio gruppo di parrocchiani, tra le meraviglie della Città Eterna. Mai avrei potuto immaginare quello che stava per accadere: un dono prezioso che, ancora oggi, custodisco tra i ricordi più sacri della mia vita, soprattutto dopo la scomparsa di Papa Francesco”. Inizia così il racconto al Sir del sacerdote italiano don Mimmo Basile, responsabile delle Missioni cattoliche di Lingua Italiana nel Canton Zugo in Svizzera.

Don Mimmo Basile
In quell’occasione don Basile ricevette un invito “inaspettato” per partecipare alla Messa privata di Papa Francesco nella cappella di Casa Santa Marta. Dopo un momento di dubbio subentrò “l’emozione intensa, travolgente”, dice: “quella notte dormii poco, con il cuore colmo di gratitudine e una trepidazione nuova, chiedendomi se tutto ciò stesse davvero accadendo. All’alba attraversai i cancelli del Vaticano e camminare tra quei luoghi carichi di fede e storia fu già di per sé un’esperienza unica. Ma fu entrando nella cappella di Santa Marta che percepii una pace profonda, un raccoglimento che mi avvolse immediatamente”. Fu quella una celebrazione “raccolta e intima”: la “luce filtrava dal soffitto geometrico, la semplicità delle linee architettoniche esaltava la centralità dell’altare e della liturgia. Attorno a Papa Francesco, pochi sacerdoti, alcuni vescovi e pochi fedeli. Un clima di preghiera che sembrava sospendere il tempo, rendendo ogni gesto e ogni parola ancora più preziosi”. Vedere il Papa “chinarsi sull’altare per baciarlo è stata una scena che mi ha profondamente toccato. Sembrava baciasse Gesù stesso: un gesto antico e sempre nuovo, che racchiude il senso profondo della Chiesa, fondata sulla presenza viva di Cristo. Mi sono sentito come gli apostoli riuniti attorno al Maestro risorto, ancora pieni di domande ma già ricolmi di una pace nuova. Era come se le parole del Vangelo — ‘Pace a voi’ — prendessero vita davanti ai miei occhi”.
E davanti al Papa, “avevo la consapevolezza profonda di essere davvero davanti a san Pietro, il successore scelto da Cristo, la roccia su cui si fonda la nostra fede”.
Un momento che don Basile definisce “indelebile”: papa Francesco “si è avvicinato, mi ha stretto le mani, mi ha guardato negli occhi e mi ha sorriso. In quell’attimo, ho sentito una grande emozione, ma anche una serenità profonda: come se tutte le fatiche e le incertezze si sciogliessero in una nuova fiducia”. E’ seguito – ci racconta il sacerdote – un breve dialogo con il papa che “si è mostrato riconoscente per il lavoro pastorale che svolgiamo tra le comunità italiane in Svizzera. Le sue parole, semplici e sincere, sono state per me una conferma e un incoraggiamento. Mi ha ringraziato per il servizio reso a tanti nostri connazionali lontani dalla patria, sottolineando l’importanza di portare la vicinanza e la presenza della Chiesa anche a chi vive lontano dall’Italia”. E poi la benedizione che “ha voluto donarmi personalmente, invocando su di me e sul mio lavoro missionario la protezione e la forza dello Spirito Santo. In quel gesto ho percepito tutto l’abbraccio della Chiesa e la grazia di essere ‘confermato nella fede’, come Gesù con gli apostoli dopo la Risurrezione”.
Oggi, riguardando le foto di quei momenti il sacerdote sente tutta l’importanza di quella celebrazione con il papa che è stata “un’epifania della fede: un invito a guardare avanti e a sentirmi parte viva della Chiesa di Cristo. La presenza spirituale di Papa Francesco — la sua umiltà, il suo sguardo pieno di speranza, il suo incoraggiamento — rimane con me come segno indelebile di un incontro che ha rinnovato la mia vocazione e la mia fiducia in Dio”. Oggi don Basile ringrazia papa Francesco la “tua testimonianza di fede, per il tuo esempio di servizio, per l’umanità che hai donato a tutti noi. Grazie per la tua vicinanza ai poveri e ai migranti, per aver saputo indicare con la tua vita la strada del Vangelo vissuto fino in fondo”.