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Sinodo sulla sinodalità. Mons. Repole (Torino): “Sensibilità differenti ma nessuna spaccatura, segnale di speranza per il mondo”

"Il messaggio del Sinodo può essere raccolto dalle cristiane e dai cristiani che si ritrovano insieme, pur appartenendo a popoli diversi, e in forza della fede riescono ad affrontare i problemi nel rispetto e nell'ascolto della parola di Dio. Il Sinodo può essere un grandissimo segnale di speranza per il mondo che, come ha detto il Papa, vive davvero un'ora buia". Parla mons. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, che ha partecipato al Sinodo in Vaticano

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Ci siamo incontrati tra fratelli cristiani di ogni angolo del mondo. Abbiamo sperimentato la cattolicità della Chiesa ed è stata l’occasione per riscoprire ciò che qualche volta dimentichiamo: il mondo è davvero vasto e la Chiesa è vasta”. Mons. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, ha partecipato alla XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi che si è tenuta in Vaticano dal 4 e al 29 ottobre.

Eccellenza, si è conclusa la prima fase del Sinodo sulla sinodalità voluto da Papa Francesco. Che esperienza è stata?
Abbiamo vissuto la sinodalità. Nel corso dei lavori, ci sono state voci diverse che sono state unificate dal soffio dello Spirito. Ci sono punti di vista differenti, ma formano un unico coro. Ed è stato fondamentale collocare queste voci non soltanto sul piano intellettualistico, ma su un livello profondo di preghiera e di ascolto di ciò che lo Spirito dice attraverso di noi. Non soltanto come singoli, ma come comunità.

La relazione di sintesi è stata approvata quasi all’unanimità, con pochi paragrafi che hanno ottenuto meno di 300 voti. In particolare i punti che riguardano il diaconato femminile, l’inserimento dei presbiteri che hanno lasciato il ministero in un servizio pastorale e il celibato sacerdotale.
Evidentemente ci sono sensibilità differenti, come dimostra anche la sintesi di questo primo atto del Sinodo. Ci sono questioni che rimangono da approfondire: mi è parso illuminante e anche utile, se si guarda la sintesi, il fatto che si siano distinte le questioni che sono patrimonio comune da quelle che vanno approfondite con competenza teologica. Non si tratta di sensibilità personale, ma dell’ascolto della Parola di Dio e di ciò che Dio vuole dire per l’oggi.

Bisogna leggere il documento in questa linea: ci può essere discussione, ci possono essere condizioni diverse, ma non le tensioni o le spaccature che fanno molto comodo al racconto dei media.

Cosa si attende dalla riflessione e dal confronto sui temi più dibattuti, come il ruolo della donna all’interno della Chiesa?
La donna fa parte a pieno titolo e anzi in maniera viva e propulsiva alla vita della Chiesa. Senza le donne, la Chiesa non ci sarebbe e questo è un dato assodato che emerge dalla relazione. Poi ci sono questioni teologiche da affrontare, ad esempio se si parla del diaconato, che è il primo grado del sacramento dell’Ordine sacro. Mi aspetto che si affrontino questi temi con la giusta profondità teologica. Senza banalizzazione, senza superficialità, senza farci dettare l’agenda dal mondo. Il nostro essere Chiesa richiede dialogo, partecipazione, corresponsabilità differenziata di tutti i cristiani nella vita e nella missione della Chiesa.

Quanto ai laici, l’invito contenuto nella relazione è a non clericalizzarli in “una sorta di élite laicale che perpetua le disuguaglianze e le divisioni nel Popolo di Dio”.
Dobbiamo guardare la Chiesa per come è.

C’è bisogno di ministerialità che siano altro dal ministero ordinato, perché la Chiesa possa esistere e possa vivere come comunità di fratelli e sorelle.

Allo stesso tempo, queste nuove ministerialità o queste altre ministerialità non catturano tutta la questione dei laici e del laicato, che riguarda la grande maggioranza delle cristiane e dei cristiani che non svolgono un servizio dentro le mura della Chiesa ma vivono il loro essere cristiani nel mondo. Abbiamo bisogno di nuove ministerialità, ma non dobbiamo leggerle secondo una logica di superiorità e di inferiorità. Senza la presenza delle laiche e dei laici nel mondo – nella famiglia, nell’economia, nella scuola, nell’università, nella politica – il pericolo non è soltanto di clericalismo nella Chiesa, ma di una Chiesa clericale che è ripiegata su se stessa.

Il Sinodo universale parla anche al Cammino sinodale della Chiesa italiana?
Le Chiese in Italia fanno parte della Chiesa cattolica. Il lavoro svolto dal Sinodo sarà di giovamento a tutta la Chiesa italiana. Ma può essere importante anche per l’Italia e per il mondo intero, non soltanto a livello ecclesiale.

Durante i lavori dell’Assemblea sinodale sono echeggiate le questioni del mondo di oggi: le donne e gli uomini costretti a emigrare per sopravvivere, le guerre che uccidono le persone e devastano i Paesi. Molti membri dell’Assemblea venivano da quei luoghi, dove si sperimentano quotidianamente gli effetti devastanti della crisi ecologica che si ripercuote anzitutto sui poveri.

C’è una parola per le crisi nel mondo, dal Medio Oriente alla guerra in Ucraina?
Il messaggio del Sinodo può essere raccolto dalle cristiane e dai cristiani che si ritrovano insieme, pur appartenendo a popoli diversi, e in forza della fede riescono ad affrontare i problemi nel rispetto e nell’ascolto della Parola di Dio. Il Sinodo può essere un grandissimo segnale di speranza per il mondo che, come ha detto il Papa, vive davvero un’ora buia.

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