Le molte anime del cammino sinodale negli Usa, tra speranze e timori

Gli Stati Uniti vivono con animo molteplice il cammino sinodale e osservano a distanza quali implicazioni le decisioni finali potranno avere sulla loro fede. Il processo sinodale della Chiesa nordamericana è stato “disordinato”, “gioioso” e “unificante – come il Sinodo stesso”, hanno detto i coordinatori della fase preparatoria, presentando il documento di 36 pagine che raccoglie lo stato d’animo dei fedeli del Nordamerica. Tutti i partecipanti si sono mostrati particolarmente sensibili al tema dell’accoglienza e della non discriminazione.

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

(New York). Si è conclusa con l’invocazione dell’Ave Maria per il prossimo Sinodo sulla sinodalità, la Messa domenicale nella parrocchia di santa Francesca di Chantal, nel Bronx. Il sacerdote, prima della benedizione finale ha ricordato l’apertura del Sinodo, ha invitato i fedeli a pregare affinché vengano prese decisioni determinanti per la Chiesa e “scongiurare posizioni troppo liberali sulla dottrina così come stanno prendendo piede in alcune parti del mondo”.

Di diverso avviso è la diocesi di El Paso, al confine con il Texas, che contando su un suo rappresentante in presenza a Roma, spera che la priorità del dibattito sia data agli emarginati, a chi vive alla periferia o si è addirittura allontanato dalla Chiesa. Ivan Montelongo, sacerdote trentenne, coordinatore del Sinodo sulla sinodalità nella diocesi texana, sarà infatti uno dei 24 delegati statunitensi (14 vescovi, 9 laici) che fino al 29 ottobre saranno a Roma, assieme a papa Francesco. Con Ivan ci sarà anche il vescovo Robert Barron, a nome della Conferenza episcopale statunitense. Scrivendo ai suoi fedeli, poco prima della partenza Barron ha espresso speranze e timori legati a questa esperienza, che contiene non pochi rischi di derive soprattutto sui rapporti con gli esponenti della comunità Lgbtq+, ma anche su una maggiore presenza femminile nel governo della Chiesa. “La mia reale speranza è che l’impegno sia della dimensione pastorale che in quella propriamente teologica della questione dell’inclusione sia un lavoro chiave del Sinodo”, ha detto Barron.

Gli Stati Uniti vivono con animo molteplice il cammino sinodale e osservano a distanza quali implicazioni le decisioni finali potranno avere sulla loro fede. Il processo sinodale della Chiesa nordamericana è stato “disordinato”, “gioioso” e “unificante – come il Sinodo stesso”, hanno detto i coordinatori della fase preparatoria, presentando il documento di 36 pagine che raccoglie lo stato d’animo dei fedeli del Nordamerica. Tutti i partecipanti si sono mostrati particolarmente sensibili al tema dell’accoglienza e della non discriminazione. In virtù del battesimo “i cristiani condividono la stessa dignità e chiamata alla santità per cui non c’è posto per ineguaglianze basate sulla razza, la nazionalità, la condizione sociale o il sesso” si legge nel testo finale, dove si chiede anche una “maggiore corresponsabilità dei laici dentro la Chiesa”.

La Chiesa nordamericana ha scelto di lavorare più online che in presenza sui temi del Sinodo, preferendo evitare un’assemblea sinodale in persona. Monsignor John Stowe, vescovo di Lexington in Kentucky è rammaricato di questa mancata occasione di incontro che avrebbe consentito maggiore ascolto, conoscenza, scambio di esperienze. Nella diocesi di Pittsburgh alcune parrocchie hanno dedicato incontri settimanali al processo sinodale per molti mesi, ma non sono state poche quelle che hanno voluto invece concentrare tutto il lavoro preparatorio in un incontro. A Detroit, poiché il processo sinodale non è stato particolarmente ampio nel coinvolgimento, non pochi cattolici hanno scelto di trovare vie alternative di partecipazione, unendosi ad altri gruppi fuori dalla diocesi. Discerning Deacon, un gruppo laico del Nevada, che si interroga sul diaconato e sul ruolo della donna nella Chiesa, ha ospitato oltre 350 sessioni di consultazione sinodale, anche online, per offrire uno spazio di ascolto a quanti non avevano accesso ad altri luoghi di partecipazione.

Il processo sinodale ha incuriosito i giornali laici del Paese: sia il liberale New York Times, sia il moderato Washington Post, che il quotidiano finanziario Wall Street Journal hanno dedicato diversi articoli alle questioni più scottanti del Sinodo. Parecchie critiche al processo sinodale sono arrivate proprio da alcuni media cattolici. In una trasmissione molto popolare, Ewtn, il grande network cattolico d’America, ha definito il processo sinodale un “momento di crisi” per la Chiesa globale. Il sito conservatore First Things ha deciso di seguire tutto il periodo del Sinodo con una rubrica specializzata, intitolata Lettere dal Sinodo-2023, dove si esplorano non solo le tematiche dell’assemblea romana, ma si invita ogni giorno, anche chi non è cattolico, a porre domande su questa esperienza sinodale.

Julia Oseka, sarà tra le più giovani partecipanti al Sinodo, direttamente nominata da papa Francesco. Iscritta alla St. Joseph’s University di Philadelphia, durante il dibattito preparatorio, nel suo campus, ha sempre sostenuto che le donne e le persone Lgbtq+ dovrebbero avere un ruolo maggiore nella Chiesa e con lei tanti dei suoi giovani colleghi. I dibattiti sono stati comunque un’occasione per comprendere “quante persone svantaggiate ci siano nella Chiesa”, a cui non può essere negato il diritto di far sentire la propria voce. Anche questa è una delle sfide, che secondo il vescovo di Seattle, Paul Etienne, occuperà i partecipanti, assieme a tante altre che emergeranno durante il dialogo. Per lui il metodo sinodale è “una delle più grandi intuizioni della Chiesa”, che di fronte alle sfide o alle necessità di cambiamento ha la sua propria soluzione: i Sinodi.

Altri articoli in Chiesa

Chiesa