Ordinazioni sacerdotali a Roma: il desiderio di una gioia piena dietro le vocazioni dei nuovi presbiteri

Undici nuovi sacerdoti per la diocesi di Roma. Sette si sono formati nel Pontificio Seminario Romano Maggiore: Francesco Barberio, Roberto Buattini, Simone Catana, Ciro Dell’Ova, Mario Losito, Antonio Panico, Vincenzo Perrone. Tre quelli che hanno studiato nel collegio diocesano Redemptoris Mater: Andrea Silvestri, Tumohiro Ugawa, Giordano Flavio Maria Barani

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Il desiderio di godere della gioia piena. Una gioia che non avevano raggiunto né con la realizzazione professionale né coltivando i propri interessi. Solo quando si sono “arresi” alla chiamata del Signore e hanno deciso di mettersi alla Sua sequela hanno compreso cosa fosse la vera felicità. Questo alla base della vocazione degli undici nuovi sacerdoti che saranno ordinati oggi per la diocesi di Roma. Sette si sono formati nel Pontificio Seminario Romano Maggiore: Francesco Barberio, Roberto Buattini, Simone Catana, Ciro Dell’Ova, Mario Losito, Antonio Panico, Vincenzo Perrone. Tre quelli che hanno studiato nel collegio diocesano Redemptoris Mater: Andrea Silvestri, Tumohiro Ugawa, Giordano Flavio Maria Barani. Questi saranno ordinati stasera, 29 aprile, nella basilica di San Giovanni in Laterano dal cardinale vicario Angelo De Donatis.

Questa mattina, invece, nel santuario del Divino Amore, per l’imposizione delle mani del vescovo ausiliare Dario Gervasi, riceverà l’ordinazione presbiteriale un diacono permanente, Paolo Verderame, vedovo e padre. Cinquantacinque anni, per 30 marito di Filomena, morta due anni fa, padre di Chiara, psicologa di 28 anni, Paolo è stato ordinato diacono permanente nel 2015. È stata proprio la moglie a “consegnarlo” al Signore.

“Gli ultimi cinque mesi di malattia sono stati mesi ‘di grazia’ – racconta -. Sono stati il bignami della nostra vita insieme. Abbiamo fatto memoria delle cose belle che il Signore ci ha donato. Lunghe chiacchierate nelle quali eravamo entrambi consapevoli che erano gli ultimi momenti di vita terrena insieme. Non abbiamo mai usato giri di parole ma abbiamo sempre chiamato le cose con il loro nome”. In uno di questi dialoghi Filomena ha detto al marito di affidarsi a Dio perché con la forza del Signore poteva “fare cose grandi”. Una frase, in particolare, ha acceso il cuore di Paolo. “L’Eucarestia sarà il momento in cui saremo in vera comunione – gli ha detto un giorno Filomena -. Che bello quando quella grazia passerà proprio dalle tue mani, saremo ancora più uniti”. Il suo, dice Paolo, sarà “un ministero ricco” perché porta in esso “l’essere stato figlio, marito, padre, diacono, lavoratore”. Paolo ha svolto il suo ministero diaconale nella parrocchia della Resurrezione, a Giardinetti, quando parroco era mons. Gervasi. Il presule non nasconde “l’emozione” per l’ordinazione di “un amico”. “È una grande gioia per me e per la Chiesa di Roma – afferma il vescovo -. Da diacono si è speso tanto e ora continuerà a farlo da parroco.

Il fatto che conosce bene le dinamiche familiari è un di più. Il sacerdozio si arricchisce anche della sua esperienza di papà e di marito”.

Parlando dell’amico, il vescovo ausiliare lo descrive come “una persona molto valida ed estremamente ecclesiale. Ha vissuto un diaconato in senso pieno. Ha creato il Centro di ascolto parrocchiale con grande capacità e ha formato una equipe molto efficiente. Ha lo sguardo del pastore che in parrocchia è presente e vicino alle persone e allo stesso tempo ha un sentire ecclesiale più ampio”. Gervasi sottolinea anche “la bella accoglienza” che ha avuto nella parrocchia di San Gabriele dell’Addolorata alla quale Paolo è stato assegnato. “Il popolo di Dio – conclude – è generoso ad accogliere i suoi pastori, li sa amare”.

Tra i seminaristi, l’ordinando più anziano è Giordano Flavio Maria Barani, 44 anni, romano. Era un architetto ma la chiamata di Cristo l’ha avvertita fin da bambino. “Ho fatto finta di non sentire – dice -. Ho riempito la mia vita di tante attività ma in nessuna trovavo vera soddisfazione”. Negli incontri del Cammino Neocatecumenale ritornava spesso quel “seguimi” che ha convinto Giordano a lasciare tutto e ad entrare in seminario. Anche Simone Catana, 37 anni, romano, ha “provato a resistere” a quella vocazione che sentiva nascere nel suo cuore.

“Ho iniziato a studiare giurisprudenza – racconta -, lavoravo in un’azienda, ma Gesù è un po’ geloso e torna ad insistere. Dopo aver ascoltato una meditazione sulla vocazione di Abramo, a 29 anni ho lasciato tutto e sono entrato in seminario”.

Andrea Silvestri, 27 anni, romano, è il più giovane tra i seminaristi. È “nato e cresciuto in chiesa”. Importanti per la sua vocazione sono stati la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid e un pellegrinaggio ad Assisi. “La storia di San Francesco mi ha colpito tanto – racconta -. Io avevo tutto, facevo sport, suonavo la chitarra, tanti amici, eppure ero sempre insoddisfatto. Il poverello di Assisi non aveva nulla ed era felice. Volevo quella felicità e ho capito che solo il Signore poteva darmela”. Simile la storia di Vincenzo Perrone, 35 anni, originario di Napoli ma trasferitosi a Ostia con la famiglia quando era adolescente.

“Poco dopo aver conseguito la laurea in economia e aver preso il brevetto di volo mi sono accorto di non essere veramente felice – dichiara -. Un giorno mentre inviavo curriculum mi è tornata in mente una frase ascoltata in occasione di un campo vocazionale delle Suore Apostoline. Un sacerdote disse che se si vuole essere veramente felici bisogna seguire Cristo”.

L’esempio di un sacerdote missionario salesiano slovacco è stato fondamentale per Tumohiro Ugawa, 37 anni, originario del Giappone. La mamma da giovane era Testimone di Geova, il papà non è credente. Decisero però di iscrivere i figli alla scuola materna cattolica. “Lì ho imparato le basi del cristianesimo e le preghiere. Il pomeriggio, quando ero stanco, cercavo pace nella parrocchia guidata dal missionario salesiano. Quando io avevo 20 anni lui si è ammalato di tumore ma si è speso per la parrocchia fino a quando le forze glielo hanno consentito. È stato allora che ho capito il vero significato di dare la vita per il prossimo”.

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