Comunità di Sant’Egidio: da 55 anni con gli ultimi del mondo

Da 55 anni le fragilità e le emergenze in Italia e nel mondo incontrano il sostegno della Comunità di Sant’Egidio. Un aiuto e un accompagnamento offerto non solo a chi è povero dal punto di vista materiale, come i senza fissa dimora, ma anche relazionale, come gli anziani soli e i disabili. Quelli che la società considera scarti, Sant’Egidio li chiama amici. Un’amicizia che “unisce”, un legame “gratuito e circolare” lo ha definito il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Bologna che ieri sera, 9 febbraio, ha presieduto nella basilica di San Giovanni in Laterano la celebrazione eucaristica per il 55° anniversario della Comunità di Trastevere.

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

Da 55 anni le fragilità e le emergenze in Italia e nel mondo incontrano il sostegno della Comunità di Sant’Egidio. Un aiuto e un accompagnamento offerto non solo a chi è povero dal punto di vista materiale, come i senza fissa dimora, ma anche relazionale, come gli anziani soli e i disabili. Quelli che la società considera scarti, Sant’Egidio li chiama amici. Un’amicizia che “unisce”, un legame “gratuito e circolare” lo ha definito il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Bologna che ieri sera, 9 febbraio, ha presieduto nella basilica di San Giovanni in Laterano la celebrazione eucaristica per il 55° anniversario della Comunità di Trastevere. Un’amicizia, ha detto, che “non è finita, anzi, si è rafforzata, affrontando da sempre le tante pandemie di povertà, di sofferenza, di incertezze della nostra vita”. Nei prossimi giorni sono in programma altre celebrazioni nei 70 paesi dove Sant’Egidio è presente e dove “riaccende e difende” i sogni e gli slanci che “la guerra spegne”. Il pensiero del porporato è andato alle comunità operative nei “piccoli e sperduti villaggi” in Africa segnati da anni di violenze e a quelle in Ucraina e in Russia che “nella tempesta della guerra non hanno smesso di aiutare i più deboli – le parole del presidente della Cei -, di rassicurare e sfamare gli anziani soli, chi vive per strada o i bambini delle scuole della pace”. Il cardinale ha voluto ringraziare i volontari per “l’esempio di umanità che offrono nelle loro situazioni, mostrando la vita cristiana e lo spirito della Comunità” e ha invitato a proseguire nell’incessante opera di “accendere luci di speranza e mostrare un mondo migliore quando intorno c’è il buio della violenza, della guerra, della solitudine, dell’insignificanza”. Zuppi ha esortato tutti i presenti a scegliere sempre di essere “operatori di pace, di conservare un cuore umano, di agnello, anche quando il mondo diventa lupo, crede solo nelle armi e non sa più trovare umanità e dialogo. Gettiamo semi di un mondo diverso – ha aggiunto -, per iniziare già oggi, dove siamo, il nostro cessate il fuoco, disarmando le mani e le menti, riempiendole di sentimenti e legami di amore”.

In questi 55 anni la Comunità, fondata il 7 febbraio 1968 per volontà di Andrea Riccardi e di un gruppo di studenti del liceo Virgilio di Roma, ha intessuto legami di amicizia con gli immigrati, i rifugiati giunti in Italia con i corridoi umanitari, i profughi fuggiti dalle guerre, con le centinaia di famiglie messe in ginocchio dalla crisi economica generata dalla pandemia. C’erano tutti ieri sera. In cinquemila hanno gremito la basilica per festeggiare il compleanno della Comunità insieme ai volontari, ai Giovani per la Pace, alle istituzioni, ad alcuni membri del Governo e ai rappresentanti di altre confessioni cristiane.

“Questi anni – ha proseguito il porporato nell’omelia – ci confermano che è sempre possibile amare la vita, difenderla, cambiare questo mondo perché la fraternità sia reale, che tutti possono farlo e farlo riempie di felicità, libera dalla tristezza o da un amore ridotto a adrenalina. La voce persuasiva del falso realismo ripete continuamente di lasciare perdere, di pensare che non vale la pena, rende vane energie e sciupa tanti mezzi e possibilità”.

Riconosciuta dalla Santa Sede come Associazione pubblica laicale della Chiesa, la Comunità, che assunse il nome di Sant’Egidio nel 1973 dal convento nel cuore di Trastevere diventato centro nevralgico della preghiera e delle attività, iniziò la sua missione tra le baracche del Cinodromo “non smettendo poi di cercare i tanti e spesso enormi Cinodromo delle città degli uomini, ovunque”. Basando la propria attività sulla preghiera, i poveri e la pace “è diventata una famiglia universale”. Il trascorrere degli anni, ha concluso Zuppi, “non ha fatto crescere il sottile scetticismo o meccanismi sclerotizzati ma la passione del Signore continua ad indicarci il lavoro”. La Messa ha visto tra i concelebranti decine di sacerdoti, 17 vescovi e, incluso Zuppi, 13 cardinali. Tra questi ultimi Giovanni Battista Re, Angelo De Donatis, Walter Kasper e Kevin Joseph Farrell che hanno affiancato Zuppi al momento della consacrazione. Al termine della celebrazione il presidente della Comunità Marco Impagliazzo, oltre ad auspicare che si affermi sempre di più “una visione euro-africana per avere un futuro migliore per tutti”, ha ribadito al Governo “la volontà di continuare a collaborare a importanti programmi umanitari”, come i corridoi umanitari, “una buona pratica italiana, che speriamo presto europea, che sostiene quel carattere italiano di umanità che contraddistingue la nostra società”. Le attività di Sant’Egidio “sono in grado di cambiare la vita” non solo ai poveri ma anche ai volontari. Per Diego, Gian e Sofia, rispettivamente della Scuola della pace dei quartieri Marconi, Tuscolana e Garbatella, il servizio con i bambini “ha rappresentato un’apertura mentale”, hanno imparato “quanto un bambino possa beneficiare da un’amicizia autentica, quanto lui stesso possa insegnare a un adulto e quanto sia bello donare con gratuità”.

Altri articoli in Chiesa

Chiesa